Mai smettere di porsi domande. Soprattutto se in gioco c’è la sostenibilità. Il percorso verso lo sviluppo sostenibile è costellato di punti interrogativi. Il primo vero quesito che un’azienda deve porsi è: qual è il mio impatto nel mondo da un punto di vista ambientale, economico e sociale? E subito dopo: “Cosa posso fare per mitigare o annullare ogni conseguenza negativa?
Solo un’analisi di chi si è e la consapevolezza che ognuna delle azioni che si compiono hanno ricadute nel mondo (prima o poi) sono i punti di partenza della ESG Due Diligence (acronimo che significa Enviroment (ambiente) Society (società) Governance (guida strategica), attività di risk assessment sempre più richiesta non solo dal mercato, ma da nuovi e più stringenti inquadramenti giuridici. Di questo si è parlato nel webinar organizzato dal Polo della Cosmesi in collaborazione con Roedl & Partners.
UNA SCOMMESSA DA VINCERE
Per capire dove andare, un’impresa deve comprendere prima di tutto dove si trova.
Rispetto alla sostenibilità è imprescindibile un’indagine sui comportamenti che si sono – o non si sono – tenuti rispetto ai tre elementi fondanti: ambiente, equità sociale e giustizia economica: “Rispetto al primo elemento – spiega l’avvocato Silvia Batello che ha introdotto l’argomento – si richiede l’attenzione agli impatti che i propri processi, prodotti, servizi hanno sulle risorse naturali anche attraverso l’utilizzo di materiali rinnovabili e servizi sostenibili. Poi, l’attenzione alle persone: ai diritti dei lavoratori, alla diversity, allo sviluppo del capitale umano sia all’interno dell’azienda che lungo la catena del valore e nel contesto in cui opera. L’azienda deve comprendere il suo ruolo come generatore non solo di profitto ma di benessere, sicurezza e valore per tutti gli stakeholder, quali: azionisti, clienti, dipendenti, fornitori, banche, comunità e territorio”.
Per affrontare e mitigare i rischi legati allo sviluppo sostenibile, nel 2015 le Nazioni Unite hanno approvato i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) da raggiungere entro il 2030. Tutti gli attori a livello globale – governi, individui e aziende – sono chiamati a contribuire al loro raggiungimento. “Nel settore cosmetico – sottolinea Batello –. Sono senza dubbio importarti gli obiettivi 7 (energia pulita), 8 (crescita economica di un territorio), 9 (industria, innovazione e infrastrutture) 12 e 14 che rispettivamente riguardano il consumo e la produzione responsabile e la difesa delle risorse idriche”.
A CHI ASSOMIGLIARE?
Ma quali sono gli standard con i quali confrontare i propri comportamenti?
“La ESG DD ha avuto recentemente un grande sviluppo in ambito normativo che di fatto costringe le aziende ad allinearsi – continua Batello –. In particolare, si guarda a tre cornici di riferimento internazionali: United Nation Guiding Principles on Business & Human Right, le linee guida Ocse sul dovere di diligenza per la condotta di impresa responsabile e la dichiarazione dei principi riguardanti le Mnes dell’Ilo”.
La ESG Due Diligence è fondamentalmente un’analisi preventiva, che implica procedure e obiettivi molteplici correlati tra di loro per individuare gli impatti negativi, prevenirli e mitigarli, e comporta una continua comunicazione sulle procedure che si adottano, i risultati raggiunti e i nuovi piani che si intendono perseguire.
La DD può essere sintetizzata in cinque passaggi: “L’Obiettivo finale è un assessment di rischi e opportunità di un’operazione per permettere al comitato degli investimenti di assumere una decisione informata che tenga in considerazione i fattori ESG – illustra Sonia Perone, commercialista –. Per prima cosa serve definire il perimetro della Due Diligence e effettuare un primo screening delle tematiche ESG rilevanti e individuazione delle aree maggiormente «sensibili», per comprendere la probabilità di verificazione di impatti negativi e fattori di rischio specifici“.
ESG DUE DILIGENCE IN CINQUE MOSSE
“Altro passaggio – prosegue Sonia Perone – è la raccolta e revisione dei documenti e quindi l’analisi dei principali indicatori chiave relativi alle tematiche ESG, ove già presenti, per il monitoraggio della capacità dell’organizzazione di presidiare tali tematiche e i relativi rischi”.
È previsto anche un audit di natura tecnica in azienda, che avviene attraverso interviste a figure chiave dell’impresa. “Infine, conclude Perone – viene definito con l’organizzazione un piano d’azione sulle tematiche ESG specifico, misurabile, raggiungibile, realistico e tempestivo al fine di affrontare eventuali problematiche e aree di miglioramento. L’output finale della due diligence ESG, è la predisposizione di un documento nel quale vengono sintetizzati i risultati chiave, comprensivi di individuazione dei rischi e delle opportunità e del relativo eventuale piano di azioni correttive”.
PACKAGING SOSTENIBILE E PROCESSI COSMETICI
Come applicare la ESG Due Diligence alla cosmesi?
“Si parte da una serie di domande che toccano i tre pilastri della sostenibilità – sottolinea l’avvocato Maria Hilda Schettino che ha concentrato il proprio intervento su alcune problematiche concreti riguardante in particolare modo l’industria del packaging -. La società utilizza materiali o processi inquinanti? La società spreca risorse naturali? Di quali materie prime si serve la società? In ambito sociale: la società tutela i diritti dei propri lavoratori? Verifica che i propri fornitori non violino i diritti umani? Protegge i diritti degli animali? Si prende cura di clienti/consumatori?”.
Sono solo alcuni degli interrogativi che ci si deve porre nell’intraprendere il cammino per arrivare a definire il modello di corporate governance in campo sostenibile di un’azienda. “Il settore cosmetico è tra i primi ad essere chiamato in causa per il cambiamento poiché la maggior parte delle confezioni utilizzate non sono riciclabili – spiega Schettino -. Molti i brand hanno accettato la sfida dell’eco-imballaggio, trovando packaging sostenibili per prodotti cosmetici green al 100%”.
Poi, ci sono i costi nascosti come l’impatto sociale:
“La produzione di alcuni ingredienti comunemente usati nei cosmetici e basati su materie prime, di origine mineraria e agricola – conclude l’avvocato – ha rivelato gravi rischi ESG sulle catene di approvvigionamento dei cosmetici. Le società cosmetiche sono chiamate ad assicurare che le loro procedure di due diligence e di audit sui fornitori siano della massima qualità. Tuttavia, data la profondità e l’ampiezza della catena di approvvigionamento dei cosmetici, rintracciare e monitorare i livelli di produzione non è sempre possibile e dunque occorre fare delle scelte radicali”. Come LUSH, che si è impegnata a rimuovere ogni traccia di mica dai suoi prodotti nel 2014 e quattro anni dopo ha iniziato ad utilizzare solo quella sintetica.