Nessuno può dirsi sostenibile. Ma tutti possono intraprendere azioni che conducono nella direzione della sostenibilità. Perché la sostenibilità non è una conquista definitiva, ma un percorso a tappe che va comunicato sapientemente. Non solo per fare conoscere la propria posizione etica di fronte a scelte ambientali, economiche o di giustizia sociale, ma anche per mettere a frutto l’impegno e le energie spese. Distinguersi nel mercato, accelerare l’innovazione, rafforzare legami con stakeholder e coinvolgere nel proprio progetto i customer e spingerli all’acquisto, questi sono solo alcuni dei benefici che alla fine si possono ottenere. Contribuendo così ad accrescere la propria reputazione aziendale.
Non a caso è proprio sulla comunicazione che si è concentrato il webinar organizzato dal Polo della Cosmesi in collaborazione con Bureau Veritas Italia dal titolo «Ethical claims nella cosmetica: come rafforzare la credibilità dei messaggi di sostenibilità».
CATTURARE LA SENSIBILITA’ DEI CONSUMATORI
Dopo un excursus sui regolamenti relativi all’etichettatura dei prodotti cosmetici affrontato da Sara Palombella, Healthcare Process Leader, che ha sottolineato come l’obiettivo principale dell’adozione di criteri comuni (avvenuto tramite il Regolamento n.1223/2009 e Regolamento n.655/201) è garantire un livello elevato di tutela degli utilizzatori finali, in particolare dalle dichiarazioni ingannevoli sui prodotti cosmetici, il focus dell’incontro ha cercato di rispondere alla domanda : «Come raccontare il cammino di un’azienda verso la sostenibilità e ottimizzare l’impegno?».
«Sostenibilità e comunicazione sono due percorsi intrecciati – spiega Monica Riva, Enviromental Sustainability Manager -. La sostenibilità si fa e si deve raccontare, per avere maggior credito e anche per dare il buon esempio. Un messaggio chiaro ed efficace è in grado di smuovere coscienze, interessi, economie. Pensiamo agli 17 Sustainable Development Goals che formano una grande bandiera, dietro la quale si ingrossano le fila dell’esercito della sostenibilità».
UN TEMA CARO ALLE NUOVE GENERAZIONI
Un richiamo che attira soprattutto le nuove generazioni. In Italia, i consumatori disposti a pagare un premium price per brand sostenibili sono il 52%, in sensibile crescita rispetto al 44% del 2013 e al 45% del 2014. Il 73% fa parte dei Millenials, il 72% invece alla cosiddetta Generazione Z. «Si tratta di consumatori molto attenti, nei quali è innata la sensibilità verso alcuni temi – sottolinea Riva -. Di pari passo è cresciuta anche la loro competenza, di questo occorre tenere conto quando si rilasciano messaggi di sostenibilità». Non sono ammesse né bugie né scivoloni: il mercato non perdona. «Una comunicazione della sostenibilità vincente è quindi quella che, sfruttando la forza della creatività, riesce a trasferire messaggi corretti, veritieri, attendibili, chiari, accurati, rilevanti e coerenti – elenca la manager -. Un messaggio deve essere supportato da evidenze, che lo stakeholder potrà eventualmente richiedere per approfondire».
GREEN WASHING, L’EFFETTO COLLATERALE DIETRO L’ANGOLO
E’ qui che molte aziende rischiano di incorrere in un grave effetto collaterale: il green washing. Ovvero, un ecologismo di facciata volto a dare un’immagine distorta e ingannevole di sé per distogliere l’attenzione da effetti negativi provocati dalla propria attività. «Questo fenomeno si contrasta con una comunicazione capace di coniugare la creatività con il rispetto delle norme tecniche – spiega Riva -. Per questo gli ethical claims vanno costruiti seguendo delle regole precise».
Nessuna improvvisazione, ma un processo continuo di verifiche e validazioni. Per fare chiarezza e offrire una guida alla corretta comunicazione sui temi della sostenibilità, l’ISO ha pubblicato nell’agosto 2019 la Technical Specification ISO/TS 17033: Ethical Claims and supporting information – Principles and Requirements.
« La specifica tecnica ISO indica i principi e i requisiti che dovranno governare la formulazione di ogni tipo di claim etico, riferendosi non solo a slogan o affermazioni, ma anche a grafiche e simboli che abbiano a che fare con le caratteristiche sociali o ambientali di un prodotto e della sua filiera – illustra Riva -. Può prendere forme diverse: un label sul packaging o direttamente sul prodotto, pubblicità sul sito, pubblicità sui mass media. Un ethical claim può essere dichiarato da una persona o organizzazione e può riferirsi ad aspetti sociali, di giustizia economica e sostenibilità».
I SETTE PRINCIPI DEL CLAIM ETICO
Più in generale, un claim è etico quando rivendica un’implicazione sociale del consumo, ossia una diretta correlazione tra acquisto e positiva ricaduta sociale di esso. «Per fare una buona comunicazione di ciò che accade in azienda – sottolinea la relatrice – occorre rispettare sette principi: una dichiarazione etica deve essere «accurata e non vaga; verificabile con approccio scientifico meglio ancora se viene testato da un ente terzo; rilevante ovvero deve riguardare uno o più impatti significativi del prodotto; non deve essere fuorviante ma aderente alla realtà; trasparente e facilmente accessibile; deve prevedere il coinvolgimento delle parti interessate e infine deve equa, ossia un claim essere formulato dopo aver analizzato i diversi impatti del prodotto sulla società e sull’ambiente».
I TRE PILASTRI DELLA SOSTENIBILITA’
In particolare, l’asserzione etica di sostenibilità deve poi comprendere le tre dimensioni della sostenibilità stessa: economica, sociale e ambientale. «La Prassi di riferimento 102:2021 ha chiarito i requisiti per predisporre un’asserzione etica di sostenibilità di un prodotto, un servizio, un processo o un’organizzazione – illustra Riva – Le organizzazioni devono anche far riferimento alla norma ISO 26000 – Guida alla responsabilità sociale. E’ importante ribadire che quando si parla di asserzioni etiche di sviluppo sostenibile, non si dichiara mai di «essere sostenibili» ma di avere intrapreso azioni per diventarlo. Quindi, occorre mettere in evidenza i vari step raggiunti e il percorso intrapreso, elaborando una dichiarazione che sia facile da comprendere ed efficace, in modo da evitare errate interpretazioni da parte dei consumatori e anche ricadute negative sulla competitività delle imprese».
VERIFICA O VALIDAZIONE, L’AZIENDA SOTTO ESAME
Ma tra i tanti processi e azioni avviati, come scegliere quello che caratterizza l’esperienza sostenibile di un’azienda?
«Prima di tutto, occorre effettuare un’analisi materiale – spiega Riva – che è il processo per l’identificazione degli aspetti materiali descritto nella UNI/PdR 18:2016 “Responsabilità sociale delle organizzazioni – Indirizzi applicativi alla UNI EN ISO 26000” oppure si possono utilizzare altri metodi che garantiscano l’applicazione dei principi di pertinenza e significatività che identificano gli aspetti materiali non solo nel breve periodo ma anche a medio e lungo termine». L’analisi di pertinenza deve riguardare tutti gli ambiti di sostenibilità che riguardano ogni campo di applicazione dell’asserzione. Poi, arriva il momento dell’esame. Partendo dal fatto che non si arriverà ad una certificazione definitiva, ma ad una serie di attestazioni.
LA SOSTENIBILITA’ E’ UN VIAGGIO
Perché come detto, nessuno è sostenibile, ma tutti possono intraprendere il viaggio: «Esistono due procedure: una di verifica e una di validazione – conclude Riva -. La prima prevede un check periodico per valutare l’effettivo raggiungimento dell’obiettivo; la seconda invece guarda al futuro e valuta se l’azienda ha tutti i requisiti di partenza, necessari per raggiungere il traguardo annunciato».