Ambiente, società, economia. La sostenibilità ha mille sfaccettature che si declinano prima di tutto in comportamenti individuali fino a coinvolgere scelte di tipo organizzativo aziendale. E’ un principio trasversale a tutti i settori, compresa la cosmesi. Anzi, proprio la filiera produttiva del beauty, per proporzioni e finalità (realizzare prodotti di qualità attenti alla salute dei consumatori, biodegradabili, ecologici…), rappresenta un importante campo d’azione, sebbene ci sia ancora molta confusione su regole e strumenti da utilizzare per raggiungere con efficacia i propri obiettivi sostenibili e tradurli poi in fattori che potenzino la propria company reputation.
Il webinar “Sfide e opportunità della sostenibilità nel settore cosmetico” organizzato dal Polo della Cosmesi e da Bureau Veritas Italia – azienda francese leader mondiale nella valutazione e analisi dei rischi legati alla qualità, all’ambiente, alla salute, alla sicurezza e alla responsabilità sociale – è servito a fare chiarezza, fornendo una cornice normativa entro la quale le imprese possono muoversi per ottenere l’attestazione del loro impegno e poterlo comunicare all’esterno come valore aggiunto.
L’ ABC DELLA SOSTENIBILITA’
Come spesso avviene, anche per la sostenibilità esiste una sorta di Bibbia alla quale occorre fare riferimento per capire significati e implicazioni.
«La linea guida alla quale rifarsi è ISO 26000 – spiega Claudia Strasserra, Sustainability Sector Manager Bureau Veritas Italia – Al suo interno troviamo definizioni e principi cardine che rispondono alla domanda: cos’è la sostenibilità? Vengono inoltre codificati bene due concetti, usati spesso impropriamente come sinonimi, che in realtà sono sì correlati tra loro, ma evidenziano aspetti distinti dello stesso racconto: sviluppo sostenibile e responsabilità sociale».
Entrando nel merito, sono tre i pilastri fondamentali della sostenibilità: «Si parla di sostenibilità ambientale quando le azioni intraprese tendono a preservare l’ambiente e mantenere un adeguo capitale naturale – continua Strasserra – La sostenibilità sociale invece è focalizzata a promuovere diritti umani, diversità, salute e sicurezza, solidarietà. Infine, c’è la sostenibilità economica che sviluppa e mantiene una redditività sufficiente, prevedono i rischi e assicurando la soddisfazione del consumatore. Spesso, in un’azienda esistono tutti e tre questi temi, il lavoro dunque è quello di focalizzare l’attenzione su aspetti peculiari e rafforzarli». La ISO 26000 può essere applicata a tutte le realtà produttive di ogni dimensione e di ogni settore, ma che sentano come ambizione quello di perseguire la sostenibilità.
CORPORATE RESPONSABILITY
E’ in quest’alveo che si forma la responsabilità sociale o corporate responsability. Perché si parte sempre da una scelta individuale che parte dall’alto, coinvolgendo via via gli attori della catena di comando di un’azienda fino alla partecipazione della base della piramide organizzativa.
«Non a caso i migliori successi in questo campo sono stati ottenuti da aziende i cui vertici erano profondamente convinti della strada imboccata e avevano assunto una governance forte del progetto – sottolinea Strasserra – La Corporate Responsability si focalizza dunque sull’organizzazione che deve avere come obiettivo quello di contribuire allo sviluppo sostenibile, concetto riconosciuto a livello internazionale e che dà lustro». Come definito dalla Brundtland Commission, delle Nazioni Unite nel 1983, si tratta di uno sviluppo che “soddisfa le esigenze di oggi senza compromettere la possibilità per le generazioni future di fare altrettanto”.
Un principio che trova applicazione nei diritti umani, nei rapporti e condizioni di lavoro, nell’ecologia, nelle politiche aziendali, negli aspetti relativi ai consumatori e nelle politiche sociali. «L’azienda non è un’isola spiega Strasserra – e questi valori che si assumono come irrinunciabili vanno poi trasmessi a tutta la «catena di valore», cercando di influenzare cioè il comportamento di organizzazioni/parti con le quali si hanno relazioni o dirittura scegliere partner in linea con il nostro percorso». Parola d’ordine, contaminazione.
IL BELLO E’ IL VIAGGIO
Fin qui la teoria. Ma in che modo metterla in pratica e calarla nella realtà? Occorre partire da un presupposto: la sostenibilità non è un traguardo, ma un cammino continuo. «E’ un percorso a tappe – conferma Strasserra – La logica alla quale risponde è: hai preso un impegno? Ti sei messo in viaggio? Verifichiamo. In che modo? Attraverso la Prassi di Riferimento 18 (PDR18) che nasce per rendere attuativa la ISO 26000. In pratica, indica l’ordine cronologico dei passi da compiere per attuare il proprio percorso di responsabilità sociale. Offre inoltre una checklist di autovalutazione sui temi fondamentali, che le organizzazioni dovranno usare per misurarsi, con focus particolare sul ruolo cruciale della governance».
Al termine della valutazione si ottiene un attestato: «Bureau Veritas rilascia due Rapporti – spiega Strasserra – Un rapporto per la direzione, contenente la valutazione del grado di maturità della governance aziendale rispetto ai temi CSR illustrati nelle Linee Guida ISO 26000, con una individuazione dei punti di forza e di debolezza; e una dichiarazione per gli stakeholder, articolata secondo il rating di cui alla Appendice B della PdR UNI 18».
L’ APPROVIGIONAMENTO RESPONSABILE
Come detto la sostenibilità è un principio inclusivo, coinvolgendo tutti i reparti di un’azienda e influenzando ogni scelta. Anche quella relativa a fornitori e prodotti: “l’approvvigionamento responsabile” è definito dalla ISO 20400: «Le organizzazioni che lo praticano effettuano acquisti in modo da privilegiare chi crea effetti positivi per il nostro pianeta e per la comunità globale – commenta Strasserra – Perché applicarlo? Perché è senz’altro un vantaggio competitivo per l’impresa e permette di compiere scelte più informate introducendo criteri e processi di valutazione dei fornitori e dei prodotti/servizi in base alle relative performance di sostenibilità per tutto il ciclo di vita». I principi dettati da ISO 20400 riguardano pari opportunità (evitando pregiudizi e preconcetti), innovazione, focalizzazione sui bisogni (evitando sprechi di tempo e risorse), integrazione, analisi dell’insieme dei costi e miglioramento continuo.
IL CASO L’OREAL
Il case study presentato durante il webinar riguarda L’Oréal che ha sottoposto a valutazione di sostenibilità ambientale i prodotti per la cura dei capelli Garnier: «La scelta si è orientata su una delle categorie di prodotti con il maggiore impatto e sul marchio più venduto in Francia – spiega Nicoletta Palese, Healthcare Products Line Manager, Bureau Veritas Italia – L’Oréal ha poi deciso di condividere le informazioni con i consumatori, in assoluta trasparenza, in modo che possano compiere scelte informate e sostenibili. La sua azione è stata quella di ispirare il coinvolgimento diretto dei consumatori, facendoli sentire parte del progetto». Molteplici i risvolti anche da un punto di vista del marketing e della crescita della company reputation.
«L’azione fondamentale è stata lo sviluppo di un sistema di etichettatura di impatto del prodotto ambientale e sociale – continua Palese – Per svilupparlo sono stati consultati 11 scienziati ed esperti indipendenti che hanno definito una metodologia di valutazione, in linea con le linee guida della Commissione europea (Environmental Product Footprint)».
GLI IMPATTI AMBIENTALI DEL PRODOTTO
Questo “termometro” misura tutti gli impatti ambientali di un prodotto durante il suo ciclo di vita, ovvero durante la produzione degli ingredienti, la produzione di imballaggi, la fabbricazione del prodotto, il suo utilizzo e il riciclaggio degli imballaggi.
Per i cosmetici, ad esempio, il carbon footprint e il water footprint sono due elementi chiave. «Si tratta di un progetto complesso customizzato che ha richiesto molto tempo e che è stato garantito da Bureau Veritas come terza parte indipendente – conclude Palese – L’etichettatura molto chiara include un punteggio su una scala da A ad E. Un prodotto “A” è considerato “best in class” rispetto a 14 fattori di impatto planetario come: le emissioni di gas serra, la scarsità d’acqua, l’acidificazione degli oceani o l’impatto sulla biodiversità, misurati in ogni fase del ciclo di vita di un prodotto».
Infine, nella sezione “Impatto Ambientale e Sociale” delle schede descrittive vengono fornite ulteriori informazioni sulle condizioni di produzione, sull’imballaggio e sul contributo sociale di un prodotto. A partire dai prodotti per la cura dei capelli di Garnier in Francia, queste informazioni saranno progressivamente rese disponibili in altri paesi e per altri marchi e categorie di prodotti L’Oréal.