I cinque sensi ci aiutano fin da piccoli a scoprire il mondo. Ci spingono a provare emozioni, belle e brutte, producono ricordi e memoria. Così, entrando in una stanza, un profumo spalanca le finestre della nostra mente sul nostro vissuto; un suono ci fa riconoscere le intenzioni celate in una voce; la vista ci racconta il presente, ma ci fa riconoscere il passato; il gusto ci protegge e ci delizia; il tatto ci guida e ci abitua anche al buio. Anche in cosmetica l’utilizzo dei sensi è fondamentale.
Ma spesso questo atteggiamento di totale apertura sensoriale la si riserva a tutto tranne che alla texture: “Siamo sicuramente più avvezzi all’importanza della profumazione in un cosmetico, ma molto meno alla sua “texture” – spiega la professoressa Piera di Martino, cosmetologa e docente all’ Università “G. d’Annunzio” di Chieti e Pescara -. Molto spesso non ce ne rendiamo conto e sottovalutiamo quanto questa possa influenzarci nella gradevolezza del rito quotidiano”.
La texture è qualcosa di più complicato che una sola sensazione tattile: “Cominciamo a percepirla già guardando un prodotto per esempio all’interno di un vasetto o quando fuoriesce da un airless, e “ascoltandolo” per esempio immaginate una mousse per capelli che fuoriesca da un flacone pressurizzato – afferma Di Martino -. É vero, l’esperienza della texture si concretizza poi nel momento in cui saggiamo il prodotto con il tatto, ma inizia prima”.
CONFERME E SORPRESE
Toccando un prodotto la texture potrebbe essere in linea con quanto ci si aspetta oppure potrebbe regale sorprese: “Ci potrebbe rimandare a una sensazione inattesa dopo il primo contatto sensoriale – spiega la cosmetologa -. Pensiamo ad esempio ad una crema che liquefà tra le mani, oppure ad un prodotto apparentemente fluido che ispessisce al movimento delle dita. Ecco, questa complessità di sensazioni piò essere considerata la texture di un prodotto. É ovvio che la texture dipenderà fortemente dal tipo di prodotto, liquido, solido, semisolido, ect. Ma, all’interno di queste grandi e molto diverse categorie, una texture può risultare notevolmente sfumata. É una banalità affermare che la texture dei diversi tipi di prodotti dipende dal mix di ingredienti di cui questi sono costituiti. È meglio dire che gli ingredienti del mix possono influenzare la texture in modo inatteso. Per esempio, un prodotto ricco di oli potrebbe presentarsi inaspettatamente poco untuoso se formulato in presenza di adeguati emulsionanti”.
SI PARTE DAL PACKAGING
L’arte di “disegnare” una texture di un prodotto cosmetico, di make-up o di skincare, è un fatto più complesso di quel che si possa pensare. E la partenza è esattamente dove non ce lo si aspetterebbe. “Non può essere “disegnata” semplicemente tenendo conto del cosmetico in sé, cioè del contenuto all’interno di un contenitore – rivela Di Martino -. La percezione del prodotto parte dal contenitore stesso. Per esempio, oggi esistono flaconi che hanno texture vellutate e questo intende anticipare la texture del contenuto. Da questa ulteriore precisazione intuiamo quindi che la texture del cosmetico vero e proprio si disegna in un contesto di “équipe”, che vede coinvolte le diverse figure aziendali dal marketing al formulatore. Ed è a questo punto che il formulatore deve “saper interpretare” il nuovo prodotto così come delineato dal marketing”. Ma cosa potrà chiedere il marketing? “Per esempio, un crema viso dalla texture “leggera”, una crema corpo “ricca”, un rossetto “vellutato”, un latte micellare “fresco”. Ovviamente sono questi esempi molto semplici, perché il brief di un cosmetico è molto più complesso, ma rappresentano esempi che vanno a condizionare la texture del prodotto”.
CREATIVITÀ E CONOSCENZA
Ogni formulatore ha il suo approccio nel formulare un nuovo prodotto, ma in generale quello da cui si parte sono gli ingredienti che le aziende produttrici mettono a disposizione. “Personalmente ritengo essenziale partire dalla scelta dell’emulsionante – entra nel merito la docente -. É quello che suggerisco sempre ai miei allievi. Quando si formula una crema si pensa, a mio giudizio erroneamente, di partire dalla scelta della fase oleosa. Questa però è secondaria alla scelta dell’emulsionante, o meglio del mix di emulsionanti. Una texture “leggera” non è semplicemente tale perché metto poca fase lipidica o scelgo “oli poco untuosi”, ma in prima battuta perché scelgo un emulsionate che è in grado di rendere leggera la texture della crema e formare una emulsione olio in acqua. Un esercizio che faccio sempre fare è quello di lasciare invariata la fase lipidica e cambiare solo l’emulsionate. É sorprendente come cambi completamente la texture del sistema. Ovviamente la scelta dell’emulsionante è fondamentale anche in relazione al tipo di cosmetico che devo formulare, se si tratti per esempio di un prodotto solare, o se contiene elevate percentuali di attivi, oppure se si tratta di una maschera per capelli. Una volta individuati i possibili sistemi emulsionanti, la fase lipidica può fare la sua parte. Oli come l’olio di avocado e jojoba sono ottimi per una crema ricca destinata alle pelli mature e quindi non li sceglierei per una crema viso che deve essere leggera e magari destinata ad una giovane donna. Ci sono oli sintetici dal tocco cosiddetto “secco o asciutto” che contribuiscono alla leggerezza della texture, come gli eteri che hanno anche una elevata volatilità e stabilità, come per esempio l’etere dicaprilico. Largamente usati sono gli esteri sintetici, che possono conferire un tocco setoso al prodotto come il trigliceride caprilico/caprico. Se invece voglio dare “consistenza” ad una crema posso decidere di “ispessire” il prodotto con una fase lipidica semisolida a temperatura ambiente che aumenta la viscosità della fase lipidica stessa e polimeri idrofili che aumentano la viscosità della fase acquosa, contribuendo tra l’altro ad aumentare la stabilità fisica del sistema. Tutto dipende dalle percentuali dei vari ingredienti e qui interviene l’abilità e l’esperienza del formulatore che sa dosarli accuratamente al fine di ottenere il risultato desiderato”.
L’ERA POST SILICONICA
Anche sul fronte della texture esistono trend, spesso dettati dal marketing che, sapendo intercettare i cambiamenti in atto tra i consumersi, scegli di puntare su prodotti più in linea con la tradizione oppure prodotti che sappiano incuriosire e sorprendere. “Attualmente, il più imminente è la transizione dalla cosmetica siliconica a quella post-siliconica – commenta Di Martino -. Fino a ieri, il prodotto da skincare, haircare a make-up era formulato con una quota siliconica importante, fatto che conferiva una sensorialità molto elevata al prodotto e una performance cosmetica considerata irrinunciabile: i capelli risultavano lisci, morbidi e setosi; il make up adesivo e molto gradevole; il prodotto viso evanescente e la crema corpo non lasciava tracce di bianco. Ma da quando il mondo della cosmetica sta riconoscendo la sostenibilità del prodotto come un valore inalienabile e da quando questo sta diventando una leva preponderante soprattutto sulle nuove generazioni, il mondo siliconico sta sperimentando la sua decadenza e con esso la sua tipica sensorialità”.
Ed ecco che se da un lato i produttori di materie prime cercano il sostituto ideale dei siliconi, che mantenga la stessa performance cosmetica e riesca ad impartire simile texture, dall’altro si stanno sperimentando nuove texture che rimandano al naturale, al semplice, al biologico per una nuova forma di esperienza sensoriale: “Le creme viso e corpo perdono la loro “bianchezza” e lucentezza e si colorano di attivi naturali, la texture è meno sofisticata a vantaggio di una sensorialità che richiama alla semplicità del naturale, la gradevolezza cosmetica va oltre il prodotto stesso e diventa un fil rouge con l’io, in un approccio che si fa sempre più olistico”.