UNA CULTURA INCLUSIVA
“Con i termini diversity and inclusion si descrivono le differenze individuali e di gruppo, che includono ma non si limitano a: età, nazionalità, etnia, genere etc. – spiega Rebecca Salat, avvocato associate di Rödl & Parter – Gli elementi fondanti la diversità, diventano la condicio sine qua non per la creazione di una cultura inclusiva all’interno del tessuto sociale e delle aziende.
Un’impresa socialmente responsabile e inclusiva deve attivare una governance delle strategie e dei processi in modo tale da valorizzare l’apporto di ciascun collaboratore e dei relativi gruppi di appartenenza; attivare politiche a sostegno di comportamenti antidiscriminatori e a favore di azioni positive che tendano a valorizzare le differenze e a promuovere le specificità. Infine, deve creare consapevolezza che all’interno dell’azienda ci sia un patrimonio di diversità, rappresentato dalle persone che ne fanno parte, e questa consapevolezza deve condurre necessariamente ad attuare un percorso di sensibilizzazione, azione e anche comunicazione sul tema della diversità in azienda”.
LE AZIONI DA COMPIERE
Ma quali misure un datore di lavoro dovrebbe attivare per essere in linea con politiche più inclusive? “Ad esempio, si può agire su strategie di reclutamento e selezione del personale sulla base di determinati criteri, programmare una formazione che miri ad aumentare le opportunità di sviluppo e le capacità dei soggetti ‘diversi’ a cui sono rivolti; realizzare programmi di Empowerment e Mentoring e in grado di promuovere lo scambio intergenerazionale. Importante anche la formazione manageriale e le iniziative di Comunicazione interna ed esterna e di sensibilizzazione del personale e degli stakeholder. Tutto ciò si traduce in azioni concrete come ad esempio: prevedere la possibilità di scegliere un nome di elezione per i lavoratori transgender da usare sul posto di lavoro; assicurare che le persone vengano definite e chiamate in modo corretto e conforme all’identità di genere vissuta e percepita; utilizzare sempre un linguaggio rispettoso e inclusivo; redigere e implementare una policy in merito; predisporre servizi igienici “gender-neutral”; implementare programmi di coaching/mentorship percorsi di formazione per sensibilizzare il personale”.
NON SOLO QUESTIONE DI GENDER
Non esiste solo la tematica dell’inclusione sociale legata al gender, ma anche quella che coinvolge i lavoratori più anziani. Su questo fronte le problematiche più frequenti riguardano la difficoltà nell’esprimere il loro potenziale in un contesto lavorativo che non li valorizzi; difficoltà nel costruire un rapporto di collaborazione con le generazioni più giovani; mancanza di equilibrio tra vita lavorativa e vita privata; difficoltà nel rimanere al passo con le nuove tecnologie e i nuovi approcci. Il concetto dell’active ageing dovrà essere tenuto in debita considerazione dalle aziende che dovranno progettare interventi volti a favorire l’invecchiamento attivo nell’ambito lavorativo attraverso l’acquisizione di consapevolezza e il superamento dei pregiudizi che la categoria dei lavoratori più anziani solitamente subisce.
LA CERTIFICAZIONE
Dopo un’overview della normativa italiana in ambito di parità, diversità, inclusione e non discriminazione fatto da Sara Rossi, avvocato associate di Rödl & Partner, si sono analizzati gli strumenti di conciliazione vita-lavoro attualmente a disposizione dei datori di lavoro e dei lavoratori: si tratta dello smart-working, della possibilità di introdurre orari flessibili e il sostegno nel rientro post maternità/paternità. Si è parlato del welfare aziendale e si è approfondito il tema della certificazione parità di genere istituita dal 1° gennaio 2022 con la legge Gribaudo.
“La Prassi di Riferimento è la UNI/PdR125:2022 che ricordiamo non è un documento normativo che individua 6 Aree di indicatori attinenti alle differenti variabili che possono contraddistinguere un’organizzazione inclusiva e rispettosa della parità di genere. Per ciascuna area di valutazione sono stati identificati degli specifici KPI attraverso i quali misurare il grado di maturità dell’organizzazione attraverso un monitoraggio annuale e una verifica ogni due, per dare evidenza del miglioramento ottenuto grazie alla varietà degli interventi messi in atto o del remediation plan attivato. A sostegno delle imprese che intraprendono questo cammino esistono dei finanziamenti appositi varati anche da Regione Lombardia”.
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