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Quando siamo di fronte allo scaffale, di qualsiasi canale di vendita, la scelta di un prodotto beauty è guidata da un preciso schema che tiene in considerazione molteplici aspetti, alcuni oggettivi, altri soggettivi. Al consumatore non basta leggere l’Inci (di cui forse non conosce fino in fondo il significato) o essere sicuro che il prodotto abbia passato test clinici e analisi di laboratorio, e sia in linea con tutti i regolamenti; serve altro.

Vincenzo Nobile, R&D manager and cosmetics market manager di Complife

Occorre un coinvolgimento emotivo, che metta in gioco tutti i sensi e, soprattutto, crei una connessione tra “cervello e pelle”, come spiega Vincenzo Nobile, R&D manager and cosmetics market manager di Complife (società che fa parte di un gruppo internazionale di servizi di consulenza e test per cosmetici, integratori alimentari e dispositivi medici).

Partiamo dall’inizio, quali sono gli elementi che concorrono a formare la scelta del consumatore rispetto ad un prodotto beauty?

Il primo elemento di scelta nel processo decisionale di acquisto è legato alla funzionalità che il prodotto beauty dovrà esercitare sulla nostra pelle. Questa scelta dovrebbe essere guidata (ma non è sempre così) dalla conoscenza della tipologia della nostra pelle (secca, grassa, mista, ecc.). Le esigenze della pelle sono, infatti, un aspetto che non dovrebbe mai essere messo in discussione quando si tratta di fare una scelta consapevole di acquisto, così come questo elemento non dovrebbe essere mai fuorviato dalla dichiarazione pubblicitaria e/o dalle tendenze estemporanee di mercato. Vale la pena sottolineare che la funzionalità del prodotto diventa un elemento fondamentale di scelta nelle consumatrici più “mature” (indicativamente over 35) mentre è un elemento secondario in consumatrici più giovani (“Millennials”) che vedono il cosmetico come uno status symbol a loro proposto sui social da beauty bloggers.

Segue quindi il più ovvio elemento di scelta, ovvero il prezzo, o per i più esperti il rapporto qualità/prezzo che si potrebbe evincere dalla lettura della lista degli ingredienti. Un occhio più esperto, infatti, potrebbe riconoscere ingredienti con funzionalità specifiche tra i primi ingredienti della lista, così come un Consumatore allergico potrebbe trovare in questa lista gli ingredienti che la sua pelle non tollera.

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Il packaging, il marchio e la presentazione del prodotto in generale giocano poi un ruolo fondamentale nella scelta. Questi elementi fanno parte della sfera emozionale del Consumatore e sono determinanti nella scelta del prodotto al di là della sua reale efficacia (cosa che il Consumatore non ha avuto ancora modo di valutare). Questo aspetto ha un peso maggiore nelle consumatrici più giovani per via della loro (sovra)esposizione ai social.

La struttura (o texture) del prodotto è, infine, l’elemento che prevale su tutti gli altri elementi. Dico infine perché più che l’acquisto determina il riacquisto, a meno che non ci sia stata data l’opportunità di applicare il prodotto prima dell’acquisto. La texture oltre ad essere un elemento di scelta che condiziona fortemente il consumatore è anche una vera e propria dichiarazione cosmetica volta a soddisfare una particolare tipologia cutanea. Ad esempio, soggetti con una cute secca dovrebbero preferire una texture ricca, corposa ma delicata; al contrario soggetti con una cute mista/grassa dovrebbero prediligere una texture fresca e leggera. Il potere della texture è eccezionale ed è in grado di fare acquistare valore ed efficacia (percepita) al prodotto stesso. A questo proposito anche prodotti di mass marketing possono essere percepiti al pari di creme di alta profumeria, se la loro struttura è particolarmente gradevole ai sensi, così come abbiamo dimostrato in uno studio in doppio cieco.

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Cos’è l’efficacia percepita?

L’efficacia di un prodotto cosmetico viene solitamente valutata mediante analisi oggettive (sia cliniche che strumentali) durante i test d’uso (o studi clinici su uomo). A tale valutazione è attribuito, correttamente, lo status di prova oggettiva ed “incontrovertibile” della reale efficacia del prodotto. Esiste, tuttavia, una valutazione di efficacia percepita che il più delle volte viene “snobbata” dalle autorità regolatorie (o di controllo dei messaggi pubblicitari) quale prova della reale efficacia del prodotto. Tale misura, seppure soggettiva (ed integrativa dei risultati delle valutazioni oggettive), è in grado di determinare il reale successo del prodotto sul mercato. L’efficacia percepita è soggettiva ed è somma e sinergia di una serie di variabili come la notorietà del marchio, la sensorialità e la struttura del prodotto, il suo confezionamento, ed il prezzo di vendita. Tali variabili a volte sono predominanti nel trasmettere in modo quasi inconscio al consumatore una percezione di maggiore (o minore) efficacia. Ancora più della reale funzionalità del prodotto, l’efficacia percepita rappresenta nei fatti l’impatto globale esercitato dal prodotto sul consumatore ed è l’atto con cui il marchio lo vuole fidelizzare. Tale efficacia viene dimostrata mediante un test di esperienza del consumatore (o Consumer test) appositamente studiato per rilevare l’efficacia che il Consumatore attribuisce al prodotto mediante un questionario. Se opportunamente progettato, tale strumento è in grado di produrre dati robusti.

In che modo (e in che misura) le aziende dovrebbero tenerne conto?

In realtà alcune aziende sfruttano già e sono consapevoli dell’impatto che ha l’efficacia percepita nell’acquisto e soprattutto nel riacquisto del prodotto. Tali aziende, oltre agli ingredienti attivi, danno priorità allo sviluppo di formule con una struttura particolarmente gradevole ai sensi. Alcune aziende producono poi volontariamente campioni omaggio distribuiti nei punti vendita o dalle riviste, allo scopo di fare provare al Consumatore il prodotto prima dell’acquisto. Sebbene possa sembrare una strategia quasi demodé, le aziende dovrebbero considerare di permettere al consumatore di spalmare ed annusare il prodotto prima dell’acquisto. Questo approccio ha il duplice vantaggio di permettere al consumatore di fare una scelta consapevole di acquisto evitando così recensioni negative dovute, a volte, non tanto al prodotto in sé stesso, ma bensì ad un errato acquisto. Insomma, senza troppo scendere nei dettagli (e soprattutto senza parlare di neurocosmesi), prima di vendere il prodotto bisognerebbe sempre considerare quel legame intimo tra pelle e cervello. Non dimentichiamo che la pelle riceve tutti quegli stimoli sensoriali che poi il nostro cervello rielabora come sensazioni piacevoli in grado, a volte, di guidare l’acquisto anche del prodotto beauty.

Quali sono gli strumenti che le aziende hanno a loro disposizione o dei quali dovrebbero dotarsi per indirizzare la scelta del consumatore?

Gli strumenti sono tanti e variegati ma due in particolare dovrebbero essere sempre a disposizione nella dotazione minima delle aziende cosmetiche, ovvero la prova della reale efficacia del loro prodotto e la prova della sua efficacia percepita. Anche se solo la prima è sufficiente dal punto di vista regolatorio, una forte strategia di marketing è tale quando ha a disposizione ambedue gli strumenti. Questo perché i numeri che derivano dalle prove strumentali sono una “fredda” valutazione della funzionalità del prodotto che in mancanza di valori soglia condivisi (ed a volte condivisibili) non è sufficiente per poter attribuire un’efficacia reale al prodotto. È per questo che è necessario il dato di efficacia percepita acquisito mediante un questionario di autovalutazione e/o mediante un Consumer test correttamente studiato e progettato.