carta

La sostenibilità ha spinto i brand a ripensare al packaging, sia in termini di materiali che in termini di utilizzo, e a cercare delle valide opzioni. Anche dal punto di vista normativo sembra sempre più necessario cercare delle alternative alla plastica, che presto sarà soggetta a tasse globali e a nuove restrizioni. E’ del 2019 la Direttiva Europea sui prodotti monouso in plastica che bandisce l’immissione sul mercato di una serie di articoli e impone che entro il 2025 il 77% delle bottiglie in PET debba essere riciclato. Tutto questo costringerà i marchi a ripensare ai loro imballaggi e a cercare nuove soluzioni.

L’ESEMPIO DI GARNIER

A novembre, Garnier ha lanciato shampoo solidi nella sua gamma Ultimate Blends. Altre innovazioni lanciate dal brand a livello globale includono gli eco-pad riutilizzabili Garnier SkinActive: dischetti a zero sprechi per la rimozione del trucco; il best seller statunitense di Garnier, Fructis Sleek&Shine Shampoo & Conditioner, ora è disponibile con plastica riciclata al 100% e bottiglie riciclabili.

Il report di «One Green Step Report» di Garnier, che ha coinvolto 18.000 intervistati in 8 paesi, ha stimato che il 60% di coloro che vogliono apportare un cambiamento ambientale considera la riduzione dell’uso di prodotti in plastica la priorità numero uno, ma l’analisi ha rivelato anche che la pandemia li ha fatti ripensare ai propri comportamenti, e quasi un terzo concorda che il 2020 è stato un campanello d’allarme per proteggere l’ambiente. 

PUNTARE SULLA CARTA

Perché, dunque, non puntare sulla carta? “La carta – spiega Romualdo Priore, esperto di cosmetica con lunga esperienza nel settoreè un materiale con cui i consumatori hanno un grande feeling, di cui si sentono sicuri, e con un tasso di riciclo più elevato rispetto ad altri materiali di imballaggio”. Oltre a brand e alle autorità, anche i consumatori sono orientati in questa direzione – consumatori che, guarda caso, spesso sono anche i primi a guidare il cambiamento. La conferma del “sentiment” pro-carta arriva anche da un recente sondaggio di Two Sides, che ha concluso che il 63% delle persone considera carta e cartone come le alternative migliori per l’ambiente. Mentre secondo Pro Carton European Consumer Packaging Perceptions Study, il 52% degli europei ritiene che gli imballaggi in carta, seguiti da quelli in vetro, siano più rispettosi verso l’ambiente. I consumatori non solo sono orientati verso packaging alternativi e facilmente riciclabili rispetto agli imballaggi in plastica o metallo, ma in Europa 1 su 5 è disposto a pagare un ulteriore 20% in più per i prodotti sostenibili.

CARTA

La carta nel settore del packaging cosmetico – prosegue Priore – è impiegata nelle palette make-up, ma ancora poco diffusa per altri prodotti per una questione di compatibilità prodotto\materiale di imballo. Nonostante questo, i big players stanno cercando nuove soluzioni per utilizzare packaging in carta, e a questo proposito diversi studi sono stati effettuati in collaborazione con aziende che producono il pulp paper“. 

Aziende e brands sono in prima linea nella sperimentazione di nuovi materiali e nell’uso di pack in  carta. Tra le più attive c’è Haeckels, che utilizza scatole per l’imballaggio in micelio, oltre all’uso di carta ottenuta da polpa di carta riciclata e poi mescolata con semi di fiori di campo. Scelte che semplificano notevolmente la fase di riciclo e recupero perché il materiale si degrada naturalmente nel terreno. Peccato, però, che molte di queste soluzioni siano ancora piuttosto costose.

ELIMINARE LE SOSTANZE CHIMICHE 

L’uso della carta nel packaging è una strada sicuramente percorribile e auspicabile, che tuttavia porta con sé alcuni problemi. Uno dei principali, soprattutto nel settore food, è legato alla presenza di sostanze chimiche e alla conseguente necessità di eliminarle. 

La ricerca nel campo degli imballi alimentari ha fatto passi da gigante e uno degli obiettivi primari resta l’eliminazione dei fluorchimici e dei prodotti chimici dal packaging. Un altro problema per la riciclabilità del pack è legato ai rivestimenti impermeabili, usati per renderli più sicuri e resistenti ai grassi, ma che rendono problematico il riciclo“.

DOMANDA IN FORTE CRESCITA

Il futuro tuttavia sembra essere orientato verso la carta. Si stima che tra il 2020 e il 2026 la domanda globale di packaging in carta aumenterà notevolmente, con un CAGR del 4,5%, stimolata dall’aumento dello shopping online e dalla conseguente crescente richiesta di imballi per le spedizioni. “Inizialmente si pensava che l’era digitale avrebbe ridotto l’uso della carta – spiega Priore -, ma in realtà è avvenuto l’esatto contrario e la crescita dell’e-commerce è stato un driver potente per la domanda di questi imballaggi“. 

A livello di consumi, nel 2020, oltre il 15% delle vendite di cellulosa e carta era concentrato negli Stati Uniti, dove l’e-commerce era sviluppato da tempo, ma oggi anche in Europa il consumo è aumentato considerevolmente.

Sul fronte produttivo, invece, negli ultimi 20 anni, la Cina è stata il più grande produttore, seguita dagli Stati Uniti. In Europa, dove esistono industrie consolidate, come quella farmaceutica e alimentare, il primo produttore è la Germania. 

PRO E CONTRO

Vista oggi come una possibile alternativa agli imballaggi in plastica, la carta, come ogni altro materiale, va valutata nella sua complessità. Qualche “neo”, ahimè, lo riserva. 

I dati dei produttori di materie prime suggeriscono che gli imballaggi in carta richiedono generalmente una massa maggiore rispetto alla plastica. Di conseguenza, l’impatto ambientale complessivamente tende ad essere più elevato per la carta (anche se il carbon footprint è inferiore). 

Sostituire la plastica con la carta potrebbe causare seri problemi anche a livello di approvvigionamento. Piú carta significherebbe più foreste da abbattere e la necessità di nuove aree per il rimboschimento.

Gli attuali impianti di riciclaggio di carta e cartone, inoltre, sono al massimo delle loro capacità e al momento, la carta riciclata non sembra diminuire in modo significativo l’impatto ambientale.

Di contro, però, gli imballi in carta risultano più leggeri rispetto ad altri materiali e questo si traduce in minori emissioni di CO2 e minori costi di spedizione (!). Ecco qualche dato esemplificativo: per produrre 200 KG di carta (che equivale al consumo medio pro-capite annuale europeo) si generano dai 130 ai 250 kg di C02, pari alla CO2 prodotta da un’auto di media cilindrata che percorre circa 900 km. E non è tutto. L’industria della pasta di cellulosa e della carta sta lavorando (con successo) per migliorare il carbon footprint. I risultati? Rispetto al 1990 ha ridotto del 42% le emissioni di CO2 prodotte per ottenere una tonnellata di carta

Non solo. La carta è estremamente riciclabile, non lascia tracce in fase di riciclo e se l’impiego di imballi cosmetici primari è ancora in fase sperimentale, la crescente domanda di sostenibilità sarà uno sprone cruciale per il suo sviluppo. 

Molto si sta facendo anche sul fronte energetico per ridurre i consumi (si parla del -20% negli ultimi 12 anni). Un risultato importante, ottenuto anche grazie alla tecnologia di cogenerazione, che consente di produrre in modo combinato l’energia e il calore necessari al processo di asciugatura del foglio di carta. A parità di energia prodotta, un impianto medio di cogenerazione da 10 MW produce 28.000 tonnellate di CO2 in meno rispetto a un impianto tradizionale, e il suo rendimento energetico è pari a quello di un complesso eolico di 20 aeromotori da 2 MW ciascuno, o di un impianto fotovoltaico di 48 ettari.

Che un futuro con protagonista la carta sia davvero vicino?