Il cosmetico? Un settore pesantemente colpito dalla pandemia ma capace di risollevarsi grazie alla capacità innovativa, agli alti standard qualitativi, alla flessibilità e all’adattamento al contesto. E’ la fotografia del settore cosmetico italiano fatta dalla Direzione Ricerche e Studi di Intesa Sanpaolo.
Il calo di fatturato, pari a circa 1,5 miliardi, è da imputare sia alla flessione del mercato interno (-10,2%) che a quella dell’export, che ha chiuso il 2020 con un -16,5%.
Il futuro? Roseo, perché il cosmetico dimostra di avere in sé le risorse per recuperare in fretta il terreno perso. I driver che guideranno la ripresa sono: digitale, R&S, sostenibilità, sicurezza e mercati esteri, uniti ad investimenti materiali e immateriali, e ad un’adeguata formazione.
La conferma arriva dai dati dei primi nove mesi del 2020, che evidenziano un aumento degli investimenti in ICT e R&S. Investimenti che riflettono l’elevata propensione del comparto ad investire sulla qualità e la crescente attenzione verso il digitale sia come strumento di vendita (uno strumento fondamentale visto che l’e-commerce ha superato i 700 mln di euro), sia come elemento di sviluppo e miglioramento dei processi di organizzazione aziendale (digital transformation).
E gli imprenditori della cosmetica cosa pensano della ripresa? Nel comparto regna un certo ottimismo: l’83% delle imprese dichiara di poter raggiungere un nuovo equilibrio, recuperando quanto perso nel 2020, già entro la fine del 2021.
EXPORT VERSO CINA E USA
Quali saranno i mercati su cui puntare per recuperare il terreno perso durante la crisi? Le opportunità più interessanti sono rappresentate, ancora una volta, dall’export e in particolare da Stati Uniti e Cina. Mentre la Cina ha iniziato la ripresa già nel corso del 2020, per gli Stati Uniti occorrerà aspettare il 2021 e ancora di più per Europa e Italia dove, secondo le proiezione di Intesa Sanpaolo, si tornerà ai livelli del 2019 solo nel 2023. Quel che è certo è che per competere sui mercati esteri, le nostre imprese possono contare su una carta vincente: l’elevata competitività. Una leva cresciuta notevolmente negli ultimi dieci anni.
Infatti, nella classifica dei primi dieci esportatori mondiali di prodotti cosmetici elaborata da Intesa Sanpaolo su dati CEPII-BACI, l’Italia oggi occupa il 4° posto, collocandosi subito dopo Francia, USA e Germania, con una quota di mercato pari al 5,9%.
LA FILIERA COSMETICA
L’Italia? Un paese di santi, poeti, navigatori e…di imprenditori cosmetici. Uno degli elementi distintivi del nostro Paese è la presenza di diverse aziende cosmetiche e, soprattutto, di una filiera di fornitura completa nel comparto.
Che cosa significa questo? Che in Italia esiste una filiera produttiva cosmetica, ben radicata sul territorio e contraddistinta da alta qualità e know-how, in grado di fare networking e creare partnership strategiche. Una supply chain che, tra i valori aggiunti, può contare anche sulle prossimità territoriale: in media, sono 143 i chilometri di distanza dei fornitori strategici di beni intermedi (40 Km in meno rispetto alle forniture occasionali) e 85 i chilometri dei fornitori strategici di servizi (vs 100 Km di quelli occasionali). Un vantaggio competitivo importantissimo a livello internazionale.
IL POLO COSMETICO LOMBARDO MANTIENE LA SUA CENTRALITA’
Un’altra notizia positiva arriva dal distretto cosmetico lombardo e da alcune province limitrofe. Nonostante in questi mesi di pandemia la tenuta della filiera sia stata messa a dura prova dall’allungamento dei tempi di pagamento, fenomeno che si è verificato soprattutto nel Centro-Sud, e dalla revisione delle politiche di acquisto di alcuni gruppi, volte soprattutto a diversificare e ampliare i mercati di approvvigionamento, il territorio lombardo, dove storicamente si concentra la produzione del 65% del make-up mondiale, ha mantenuto la sua leadership. Nelle politiche di rifornimento del cosmetico, il distretto lombardo conferma la sua centralità.
SOLIDITA’ FINANZIARIA
Lo studio di Intesa Sanpaolo delinea chiaramente anche un altro aspetto del settore cosmetico: la necessità, di costanti investimenti. E dove le dimensioni- e la storicità delle aziende – contano sempre di più.
Cosa è successo con la pandemia? Se molte imprese “storiche” hanno fatto fronte alla crisi e al fabbisogno di liquidità attingendo alle proprie riserve, non altrettanto hanno potuto fare le imprese di recente costituzione che hanno visto ridursi drasticamente le disponibilità finanziare e il loro potere di mercato (il 18,6% presenta un’incidenza del patrimonio netto sul passivo inferiore al 10%, rispetto al 2019 quando tra le imprese di produzione sfiorava il 32%). Per il futuro queste imprese dovranno correre ai ripari e rafforzare il loro status patrimoniale.