Ci sono ancora segnali di speranza poiché alcune grandi industrie e diverse nazioni stanno iniziando ad affrontare la questione ponendosi degli obiettivi che possono essere raggiunti solo con la comprensione delle esigenze di tutte le parti interessate.
“Le strade da percorrere sono molteplici – spiega Chiara Bonucci, Beautystreams Sales & Marketing Manager Italy – puntare sull’economia circolare ma anche accorciare la supply chain rivolgendosi a fornitori e partner ‘locali’, nonché investire sull’innovazione e sulla scienza e su biotecnologie e fonti energetiche alternative. Economie leader, come gli Stati Uniti e la Cina, ma anche le nazioni europee, sono consapevoli che gli effetti devastanti del cambiamento climatico non si manifestano solo con condizioni meteorologiche estreme, ma anche con il crescente rischio di pandemie e il loro pesante impatto economico. La rivista Science ha scoperto che le misure preventive, come gli investimenti nel monitoraggio della fauna selvatica che riducono il rischio di una pandemia (trasmessa tra animali selvatici e umani), costano circa 500 volte meno degli interventi necessari a fronteggiare un’emergenza già in atto”.
PERSONE, PIANETA, PROFITTO
Una trasformazione è necessaria su scala mondiale in ogni settore industriale per garantire un futuro sostenibile. E’ giunto il momento che le aziende si impegnino ad agire adottando un modello di business che massimizzi le tre distinte direttrici (Profit, People, Planet) garantendo uno sviluppo che metta al centro non solo i profitti dell’azienda, ma anche la responsabilità sociale e ambientale. Le tre P – o triple bottom line – sono stati infatti implementati da imprenditori e dirigenti responsabili a partire dalla metà degli anni ’90, ma ora sono diventati degli imperativi.
Mentre molte aziende stanno accelerando il percorso per l’azzeramento delle emissioni, vi è un urgente bisogno di obiettivi più ambiziosi che non solo minimizzino i danni ambientali ma che migliorino gli eco-sistemi: è una necessità, non un lusso.
Un approccio “naturale” a lungo termine è fondamentale per garantire la salute, il benessere e la stabilità economica delle prossime generazioni.
“Siamo entrati in una nuova era, l’Age of Restoration, dove il mantra è conservare, proteggere, custodire – prosegue Chiara Bonucci –. Si fanno largo pratiche agricole e di consumo imperniate sulla conservazione e la rigenerazione della biodiversità, il rimboschimento, la gestione responsabile dell’acqua, agricoltura rigenerativa e altro ancora. Si guarda a modelli di business che fanno dell’efficienza nell’uso delle risorse, (a tutti i livelli: economico, finanziario, umano, ambientale), una precisa strategia aziendale che ha lo scopo di garantire il profitto per gli azionisti e il benessere dei collaboratori e delle comunità in cui opera”.
Persone
“Persone” si riferisce a pratiche giuste e vantaggiose per i lavoratori, gli stakeholder, la comunità e il contesto in cui l’azienda svolge la propria attività.
Pianeta
“Pianeta” si riferisce a pratiche ambientali sostenibili, vale a dire sforzi aziendali che apportano il massimo beneficio alla natura o che non la danneggiano. Il principio “Pianeta” supporta la progettazione di soluzioni rispettose dell’ambiente, integrando un approccio basato sul ciclo di vita del prodotto con l’obiettivo di ridurre al minimo l’impatto di un’impresa sull’ambiente.
Profitto (prosperità)
Il “profitto” è il valore economico creato da un’organizzazione per la comunità ospitante. Un’azienda deve considerare i costi e i benefici che la propria attività genera a livello sociale, economico e ambientale.
THE AGE OF RESTORATION
Ritenuti una componente fondamentale per raggiungere la neutralità climatica e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, i modelli di business circolare forniscono nuovi modelli di consumo e produzione in ogni settore. Un sondaggio condotto da Bain & Company in collaborazione con il World Economic Forum ha rilevato che i dirigenti della supply chain stanno pianificando di raddoppiare gli introiti derivanti da prodotti e servizi circolari entro il 2030 e che più della metà dei dirigenti intervistati ritiene che la circolarità sarà un prerequisito per essere ‘best in class’ in futuro. Un tema che interessa trasversalmente tutti i settori. Nella moda, ma anche nel design o nel beauty, si moltiplicano i brand che promuovono tra i consumatori, specialmente quelli più giovani, servizi di riparazione, rinnovo, riutilizzo, riciclo, affitto. La parola d’ordine non è più creation, ma restoration.
SOLUZIONI BIOBASED
Poiché si stanno moltiplicando in diversi settori le soluzioni biobased, questa categoria continua a rivelare infinite possibilità di innovazione e rimane una delle chiavi per un futuro sostenibile. Secondo McKinsey & Company, l’innovazione dei materiali è un aspetto importante della rivoluzione biologica, dai nuovi usi dei processi di fermentazione ai nuovi materiali biodegradabili o che hanno qualità o capacità uniche.
Solvay, fornitore di ingredienti cosmetici, stima che entro la fine del 2030 la biologia sintetica coprirà più di un terzo della produzione globale delle industrie manifatturiere. L’azienda, di recente, ha presentato Mirasoft® SL L60 e Mirasoft® SL A60, due nuovi tensioattivi ad alte prestazioni a base biologica ottenuti attraverso un processo di fermentazione.
Un altro esempio illustre è il micelio ricavato dai funghi, considerato una valida alternativa alla pelle. L’azienda biotecnologica MycoWorks ha collaborato con Hermès per creare Sylvania, un materiale derivato dal micelio utilizzato per le borse da viaggio.
IL LUSSO ETICO, INDULGENZA CONSAPEVOLE
La sostenibilità è ormai una priorità anche per i consumatori. Secondo Capgmeni Research Institute, il 40% dei consumatori privilegia brand per la cura della casa e della persona che si interessano alle pratiche di riduzione, riutilizzo e riciclo dei rifiuti; Mintel indica che il 70% dei consumatori sarebbe disposto a pagare di più per un prodotto sostenibile, mentre il World Economic Forum ha dichiarato che un’economia rispettosa della natura potrebbe aprire le porte ad un business di oltre 10 miliardi di dollari. Nell’Age of Restoration ad essere sotto i riflettori è anche il lusso e il suo impatto sull’ambiente.
“I numeri sono disarmanti – spiega Chiara Bonucci -. L’industria del lusso ogni anno è responsabile delle emissioni di gas serra per oltre 2 Miliardi di dollari, Sustainabletravel.org ha calcolato che i voli privati causano un inquinamento dalle 5 alle 14 volte superiore ai voli di linea, mentre WellandGood stima che l’industria cosmetica produca 120 miliardi ddi imballaggi ogni anno, che sono spesso realizzati con materiali difficili o impossibile da riciclare. Tutto ciò è insostenibile e ormai in tutti i settori e ad ogni latitudine ci si chiede come si possa garantire la redditività senza produrre troppo”.
THE AGE OF RESTORATION
Una sola risposta non c’è, ma esistono buone pratiche di consumo che potrebbero invertire la rotta:
- Focalizzarsi su prodotti significativi
- Puntare su una produzione on-demand
- Snellire e semplificare la supply chain
- Sostituire, recuperare, riusare, riciclare i prodotti invece di buttarli
- Puntare su azioni concrete
Molti hanno già iniziato ad operare in questa direzione. C’è chi punta sulla slow beauty e su un consumo consapevole. Brand come Heackels, GiffGaff, Asda e Deciem, come parte di un crescente movimento anti-Black Friday che vede questa giornata come un esempio insensato del fervore capitalista, hanno boicottato il Black Friday.
Altri puntano su prodotti post-naturali frutto della biotecnologia, una soluzione che potrebbe offrire all’industria cosmetica una transizione senza attriti verso ingredienti più sostenibili; c’è chi punta sulla circolarità intesa come il passaggio dall’economia lineare, in cui i prodotti ‘vecchi’ finiscono in discarica, ad modello circolare in cui ai materiali usati viene offerta una ‘seconda vita’. Esempi ‘perfetti’ di un’era in cui l’imperativo non è il consumo, ma la restoration.