La filiera cosmetica rileva notevoli criticità nella gestione degli imballaggi, che inevitabilmente si riversano sui brand. Ma secondo Benedetta Suardi, scientific director in KIKO, la strategia da adottare è quella di trasformare gli ostacoli in opportunità, e fare in modo che l’azienda possa essere proattiva anziché solo reattiva. Un punto di vista che ha spiegato bene durate la tavola rotonda “Dove va l’Europa tra sostenibilità del pack e l’utilizzo di nuovi materiali?” organizzata per la sesta edizione dell’Innovation Day.
“Le difficoltà nel settore ci sono, ma sono occasioni per fare le cose per bene. In questo quadro, i brand che vogliono agire seriamente possono farlo, anticipando anche alcune azioni. Come settore cosmetico abbiamo già un regolamento (Reg CE 655/2013) che stabilisce i criteri per evitare situazioni di greenwashing. Diciamo, che sul lato legislativo e compliance abbiamo qualche informazione, anche se si è partiti un po’ dal fondo, ovvero ci viene detto cosa/come indicare i materiali di packaging sui prodotti per aiutare il consumatore nel corretto smaltimento . A livello internazionale abbiamo ulteriori carenze, si nota una disparità tra la stretgia europea su questi temi e il resto del mondo, con un’eccezione per la Korea che ha una legislazione sulla riduzione dell’over packaging. Nell’ambiente in cui ci muoviamo, vanno tenuti poi in considerazione gli obiettivi ESG e il lato finanziario”.
“Non va dimenticato che il packaging è il cuore pulsante di un cosmetico, è ciò che viene visto per primo dal cliente, ciò che viene maneggiato e toccato, e per il quale scegli il prodotto. Non è solo un rifiuto, ha funzioni multiple: contenimento, preservazione, protezione, mantenimento del peso. Dà informazioni a livello di qualità. Le aziende devono stabile una strategia sulla sostenibilità, un percorso basato su parametri scientifici. E’ una visione che deve partire al contrario rispetto al comportamento attuale: non dobbiamo chiederci come smaltire il contenitore, ma come fare a ridurre ciò che alla fine dovrà essere eliminato. Quindi, la strategia complessiva deve tenere conto di quattro punti chiave: fisica (capire quale prodotto dovrà contenere e come reagirà a contatto con il bulk), ambientale, legislativo e umano. Di fronte a questo, essenziale scegliere un packaging sul quale applicare la metodologia LCA che nel tempo dà la possibilità di migliorare e aggiustare il tiro”.
“Fondamentale, è la continua ricerca di miglioramento, ecco perché abbiamo intrapreso un percorso con il Politecnico per imparare ad impattare su questi cambiamenti in modo scientifico e consapevole. E’ un percorso che i brand dovrebbero imboccare, evitando la demonizzazione del packaging commettendo gli stessi errori compiuti sugli ingredienti, come avvenuto per esempio con i parabeni. Infine, bene evitare il greenwashing, ma stare attenti a non cadere nell’altro estremo, il silent green, ovvero il fare ma non dire”.