Per molti beauty brand emergenti la vera sfida non è affacciarsi sul mercato, ma restarci. In un settore molto popolato come il beauty, per crescere e acquisire nuove quote di mercato occorre affrontare nuove sfide come espandersi geograficamente, guardare a nuovi canali e a nuove categorie. A dirlo è McKinsey che rivela come di 46 brand, ciascuno con vendite al dettaglio tra i 50 e i 200 milioni di dollari nel 2017, solo quattro sono riusciti a sperare la soglia dei 400 milioni di dollari cinque anni dopo.
La prima ondata di brand indipendenti e dall’approccio digitale innovativo ha fatto irruzione sul mercato all’inizio degli Anni 2000 provocando un vero e proprio ‘sconvolgimento’ in un settore a lungo dominato da grandi gruppi e retail storici. Per conquistare quote di mercato, i nuovi player hanno utilizzato una combinazione di strategie: vendita diretta al consumatore, marketing a basso costo, esternalizzazione dello sviluppo del prodotto e attenzione a nicchie di consumatori sino ad allora poco considerate. Nonostante le premesse iniziali, molti di questi marchi tuttavia non sono riusciti a sfruttare nel medio termine lo slancio iniziale: secondo McKinsey di 46 marchi lanciati dopo il 2005, ciascuno con vendite comprese tra i 50 milioni di dollari e i 200 milioni di dollari nel 2017, cinque anni dopo solo quattro erano riusciti a superare i 400 milioni di dollari.
Una delle ragioni principali del rallentamento dello slancio è che il mercato è ormai saturo. Per fronteggiare la concorrenza dei ‘nuovi arrivati’, i marchi storici, grazie a ingenti capitali, hanno potuto rispondere ai nuovi player aggiornando il portfolio prodotti e adottando nuove strategie di marketing. Tutto questo ha reso ancora più difficile riuscire a restare il mercato rispetto ad alcuni anni prima, quando avevano fatto irruzione i primi brand indipendenti. Non è un caso se i quattro marchi che sono andati oltre 400 milioni di dollari provengano dai mercati beauty più importanti al mondo: Fenty Beauty e The Ordinary dal Nord America, e Winona e Adolph in Cina, ma se Fenty Beauty e The Ordinary sono diventati presto globali, Winona e Adolph sono rimasti focalizzati sul mercato cinese. Adolph si è dedicato alla cura dei capelli, dove i grandi gruppi occidentali hanno avuto a lungo una presenza forte, lanciando i suoi shampoo prestige nel 2013. Winona, brand fondato nel 2010 e focalizzato sulla dermatologia, si è concentrato su prodotti ‘su misura’ per pelli sensibili.
I beauty brand che hanno affrontato – e vinto – le sfide alla crescita possono d’esempio per altri marchi su come superare alcuni passaggi critici per raggiungere la scalabilità, ovvero: presidio di diversi canali attraverso la vendita fisica e online ed espansione in altre categorie.
RETAIL FISICO VS DIGITALE
Dall’analisi di McKinsey emerge chiaramente come la maggior parte dei brand che hanno superato i 400 milioni di dollari nelle vendite al dettaglio abbia diversificato i canali di vendita per far crescere la propria ‘fan base’ di clienti.
Ci sono una serie di ragioni per cui i brand emergenti hanno bisogno di ricalibrare i mix dei canali. Certamente, la pandemia ha avuto un ruolo nell’amplificare il digitale in quanto i lockdown hanno sostanzialmente fermato i negozi fisici, stimolando al tempo stesso il commercio elettronico. Nonostante il crescente successo del digitale, un’indagine condotta da McKinsey nel 2023 sui comportamenti di consumo ha mostrato il ruolo cruciale del retail fisico quando si tratta di acquistare prodotti beauty: il 36% visita il negozio fisico del rivenditore prima di comprare online e il 28% visita altri negozi fisici prima di effettuare l’acquisto. Una cosa è certa: quando si parla di beauty i consumatori vogliono vedere, sentire, toccare prima di comprare.
Nel frattempo, per l’espansione del brand è altrettanto importante trovare il giusto retailer e molti brand che inizialmente vendevano solo online hanno iniziato a rivolgersi a retailer multi-brand per aumentare il sell-out. McKinsey afferma che i primi segnali di questo trend erano emersi già prima della pandemia. Glossier, brand digitale fondato da Emily Weiss nel 2014, ad esempio, ha scelto di entrare da Sephora come parte di una nuova strategia per stimolare la crescita delle vendite.
AVERE A FUOCO GLI OBIETTIVI E AMPLIARE L’OFFERTA STEP BY STEP
I nuovi arrivati nel campo della bellezza conoscono l’importanza dell’individuazione e del layout del punto vendita per il successo (o l’insuccesso) di un brand. Un’operazione che oggi è molto più complessa di quanto lo fosse una volta, per via del crescente numero di marchi sul mercato. Immagini inclusive, partnership con influencer e trasparenza degli ingredienti non rappresentano più un elemento di differenziazione, ma sono considerati imprescindibili. Scimmiottare quanto già fatto da altri non è più possibile: occorre offrire agli acquirenti una proposta chiara e unica.
Winona, ad esempio, ha identificato in Cina uno spazio un’opportunità: sviluppare e commercializzare prodotti in collaborazione con dermatologi, altri scienziati e medici professionisti attingendo alla sua città natale nella provincia dello Yunnan, nella Cina sud occidentale, nota per le sue piante medicinali.
Anche la ‘timeline’ per l’espansione internazionale è un elemento cruciale. Per i marchi indipendenti, è cruciale capire come crescere e a che ritmo. Espandersi all’estero troppo velocemente ed esporre il brand ad eccessivi rischi può far perdere il focus, così come crescere troppo lentamente può favorire i competitor. McKinsey cita l’esempio di CeraVe, marchio skincare venduto in farmacia con sede negli Stati Uniti, che si è concentrata sulla crescita a livello nazionale per 10 anni e ha iniziato a vendere a livello internazionale solo dopo che è stato acquisito da L’Oréal nel 2017. Eppure, ancora oggi, il brand genera la maggior parte dei suoi 1,3 miliardi di dollari nella vendita al dettaglio in Nord America.
Ci sono almeno due elementi da considerare: i brand che hanno sede in mercati più piccoli hanno bisogno di considerare prima di altri l’espansione internazionale e, secondo, che i marchi emergenti di maggior successo aspettano di raggiungere un certo turnover prima di allargare la propria gamma prodotti, concentrandosi inizialmente su una sola categoria.
Fenty Beauty, che ora supera i 500 milioni di dollari di vendite, ha lanciato la sua prima linea skincare a tre anni dal suo debutto nel mondo cosmetico, quando già aveva superato i 400 milioni di dollari di vendite al dettaglio. Ha sfruttato la sua reputazione nel trucco inclusivo per creare una linea skincare snella, dando priorità agli articoli per la cura della pelle più vicini al suo core business: make-up in tante sfumature per assecondare tutti gli skin tone.
Allo stesso modo, nel 2014 – dieci anni dopo la sua nascita – Hourglass Cosmetics ha arricchito la sua gamma con un pool di selezionati prodotti per la cura della pelle e solo nel 2021, cioè ben sette anni dopo, il marchio si è dedicato alla cura della pelle introducendo nel portfolio nuovi prodotti.
DA START-UP DI NICCHIA A BIG PLAYER
Probabilmente, alcune delle decisioni più difficili che si trovano ad affrontare i fondatori dei beauty brand e i loro executive team è come finanziare la transizione da start-up di nicchia a ‘big’ player, se e quando coinvolgere degli esterni e se farlo vendendo una quota di minoranza o di maggioranza dell’impresa. Il marchio americano Charlotte Tilbury, ad esempio, nel 2017 ha ceduto una quota di minoranza alla società di investimenti Sequoia Capital Partners per ampliare la propria distribuzione e raggiungere mercati come il Middle East e in un solo anno è cresciuto del 30%. Per finalizzare i suoi piani di espansione, Charlotte Tilbury, fondatrice del brand, nel 2020 ha venduto la maggioranza al gruppo spagnolo Puig e mantenuto le cariche di presidente e direttore creativo.
Oggi il beauty è un settore troppo affollato e competitivo per sostenere nel lungo termine la pletora di nuovi marchi in arrivo sul mercato e alla fine solo un gruppo selezionato di brand sarà in grado di affermarsi tra i leader del settore. Per farlo e innescare un circolo virtuoso di crescita, dovranno investire nell’innovazione, studiare nuove strategie per presidiare diversi canali e puntare sullo sviluppo internazionale.
E se è vero che operare sul mercato èa sempre più difficile per i nuovi brand, gli operatori storici tuttavia non possono dormire sugli allori: se solo pochi brand riescono a raggiungere una dimensione significativa, rimane il fatto che i marchi indipendenti che si affacciano sul settore riescono comunque a erodere quote di mercato agli operatori più grandi– il che significa che questi ultimi devono continuare innovare e prendere in considerazione fusioni e acquisizioni strategiche per stare al passo con i tempi.