La sostenibilità non va mai data per scontata, sebbene ormai sia un percorso quasi obbligato per tutte le aziende non solo per restare competitive sul mercato, ma per recitare un ruolo realmente attivo nel miglioramento della società al di là del proprio business. A chiedere questo sforzo (perché il cammino della sostenibilità è tutt’altro che semplice se fatto con tutti i crismi) oltre le istituzioni, sono i consumatori, nonché i comportamenti e le scelte dei propri competitors, e in generale tutti gli stakeholders che hanno un ruolo chiave nel contesto economico e sociale di riferimento.
Da questa spinta propulsiva è scaturita la necessità di realizzare un quadro normativo di riferimento che via via si è ampliato con grande rapidità. L’ultimo tassello è stata la nuova Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) dell’Unione Europea che imporrà alle aziende quotate e non una nuova rendicontazione sulla sostenibilità aziendale più dettagliata, standardizzata e digitalizzata, parificando l’importanza delle informazioni “Environmental, Social e Governance” (c.d. ESG) a quelle finanziarie. L’obiettivo è quello di rendere il più possibile trasparente e veritiero il percorso che ciascuna impresa ha intrapreso, valorizzandone gli sforzi ed evitando quello spiacevole fenomeno che è il famigerato “greenwashing”, o ecologismo di facciata senza un reale impegno.
Nei piani dell’UE ci sono ancora per il futuro: l’evoluzione dell’attuale Taxonomy, l’introduzione di una Social Taxonomy, l’emissione della Corporate Sustainability Due Diligence e la Regolamentazione sulla Deforestazione.
MISURARE PER CRESCERE
All’interno di questo contesto sfidante si pone l’azione di società come Marsh, operativa nei servizi di intermediazione assicurativa e di consulenza sui rischi. “Consumatori, media, investitori e stakeholder a ogni livello chiedono sempre più alle aziende una maggiore attenzione sugli aspetti ambientali, sociali e di governance. – spiega Andrea Caldarulo, Head of Enterprise Risk Service & ESG Marsh Advisory –. Una trasformazione che coinvolge anche il mondo della cosmesi: le ultime stime[1] parlano di un impatto che si aggira intorno all’1,5% del totale globale delle emissioni di gas serra”. A contribuire maggiormente sono le fasi di utilizzo dei prodotti (il 40% del totale emissioni) e della gestione del packaging (ulteriore 20%) ma anche aspetti come le materie prime utilizzate, il trasporto e la catena distributiva giocano un ruolo da non trascurare e richiedono alle aziende di analizzare e ripensare in modo critico molti dei processi che caratterizzano il proprio modello produttivo.
“Questa attenzione crescente in tutti i settori si traduce non solo nella necessità di analizzare, monitorare e migliorare le proprie performance ma anche essere in grado di rendicontare quanto si sta facendo, comprendendo in pieno e in modo olistico, gli impatti climatici, ambientali, sociali ed economici dei propri prodotti, dei propri processi, della propria catena di fornitura. – continua Caldarulo – La nuova legislazione europea si muoverà proprio in questa direzione, andando a coprire quasi 50.000 aziende attive in tutta Europa (+40.000 rispetto all’attuale obblighi di legge della Non-Financial Reporting Directive) e, sebbene entrerà in vigore in modo graduale, le aziende dovrebbero iniziare sin da ora a prepararsi, soprattutto per quanto concerne la raccolta dei dati non finanziari, la definizione di governance e politiche di sostenibilità, strategie di lungo periodo e relativi rischi ESG. Il nostro ruolo si inserisce proprio qui: le affianchiamo per avere una visione di insieme, e capire a quale livello si trovano rispetto al tema della sostenibilità. Solo avendo ben chiaro chi si è e da dove si parte è possibile decidere i successivi passi da compiere, immaginando il futuro dei propri prodotti e del proprio mercato”.
COME MISURARE LA PROPRIA SOSTENIBILITA’?
Una prima analisi consigliata da Marsh è l’utilizzo del servizio gratuito di ESG Risk Rating (c.d. ERR). “Si tratta di uno strumento di autovalutazione, sviluppato a livello internazionale sulla base delle leading practice conosciute e copre più di 60 settori, che permette alle aziende di misurare le proprie performance ambientali, sociali e di governance e comprendere il proprio profilo di rischio ESG indagando circa 18 temi principali. – spiega Caldarulo -. In pratica, si cerca di approfondire quale sia l’attuale appeal sul mercato, quali siano le aree di investimento da rendere prioritarie, quali le minacce da tenere sotto controllo”.
Questi sono solo i primi passi: “Attraverso la practice dedicata all’ESG di Marsh Advisory, le aziende possono contare su degli esperti in grado di supportarle nell’elaborazione di scenari e piani per migliorare la risposta di fronte ai rischi legati agli aspetti di sostenibilità, predisporre le proprie strategie, definire il proprio percorso di decarbonizzazione e rendicontare al mercato il proprio pensiero sostenibile e l’evoluzione delle relative performance”.