clean

La Clean Beauty sta cambiando pelle. La conferma arriva da WGSN che nel recente “Cleaning Up Clean Beauty” parla di un nuovo corso per la bellezza pulita. Per troppo tempo la definizione di clean è apparsa fumosa e i confini così poco definiti da rischiare di penalizzarne la vera natura, ma le cose ora stanno cambiando. La sua portata si sta estendendo ben oltre gli ingredienti non tossici all’insegna di sostenibilità e trasparenza.

La direzione da intraprendere è chiara: “il movimento clean deve allontanarsi da vaghe affermazioni di tossicità. I consumatori vogliono vedere i brand impegnarsi in un brief più ampio e prodotti che siano sicuri e più sostenibili“, affermano Jenni Middleton e Zara Hussain di WGSN.

CLEAN: FACCIAMO UN PO’ DI CHIAREZZA

Negli ultimi anni si è così abusato del termine clean che i consumatori sono confusi e stanchi di sentirne parlare. Nonostante ciò, il clean può essere ancora un tema di grande interesse, con un ottimo potenziale anche dal punto di vista commerciale.

Per evitare il claimwashing, brand e produttori devono essere chiari su ciò che fanno per il pianeta e per le persone. “La nostra ricerca – spiega Jenni Middleton, Director Beauty WGSNmostra che i termini che indicano free of, come senza parabeni (-7%), senza solfati (-6%) e senza profumo sono in declino sui social media, mentre la sostenibilità è diventata il fulcro delle conversazioni sulla “clean beauty”: oltre il 37% delle conversazioni è focalizzato su questo tema”.

clean beauty

LA CLEAN BEAUTY CAMBIA PELLE… ANCHE NELLO STORYTELLING 

Occorre però rivedere “tempi e modi” della conversazione. La genericità non paga, o almeno non lo farà in futuro. Perché se la clean beauty rimane la tendenza mainstream al 12,2%, sta crescendo l’interesse verso termini più specifici come reef-safe (formulazioni che vantano componenti non dannosi per la barriera corallina) e ricaricabile.

“Il concetto di clean dev’essere ridefinito come clean all’interno (nessuna sostanza chimica dannosa per le persone) – aggiunge Middleton – e legarsi a benefici sostenibili tangibili: formulazioni waterless o ingredienti biotech, ricorrere a pratiche rigenerative, zero waste o usare packaging riciclabili”.

Qualcuno lo sta già facendo. Sephora, Credo, Ulta e Target e marchi come Brawdy, Allies of skin e True Botanicals stanno facendo chiarezza intorno al tema e si fanno garanti di promesse green che possono mantenere. Un modo per aiutare i consumatori ad orientarsi nell’intricato labirinto della clean beauty e guidarli verso scelte etiche consapevoli.

DAL DIRE AL FARE 

Il nuovo mantra è: specificità, concretezza, trasparenza. Stiamo assistendo alla morte del termine-ombrello clean a vantaggio di un linguaggio più specifico che eviti il claim-washing e fraintendimenti sui prodotti. I brand devono far luce sulle fonti, sui processi produttivi e sul carbon impact. “I consumatori – prosegue Jenni Middleton – hanno perso fiducia nei brand che fanno affermazioni generiche, cercano impegni concreti nel campo della sostenibilità e della sicurezza. La clean beauty sta passando da un messaggio di buono-per-me a buono-per noi. La positività e la trasparenza sono fondamentali per la clean beauty quanto la sicurezza”.

COSA FARE NEL CONCRETO
  • Affermazioni dimostrative: i consumatori cercano ingredienti che precedentemente sono stati denigrati e adottano un approccio clean supportato dalla scienza. Cercano brand che forniscono prove che i prodotti sono più sicuri, portano risultati e sono più sostenibili.
  • Prove tangibili: cruelty-free non è più un elemento di differenziazione. I brand devono devono portare prove di essere reef-safe e carbon positive e sostenerli con totale trasparenza
  • Innovazione sostenibile: i formati waterless e la bellezza biotech stanno acquisendo sempre più importanza
  • Salute del microbioma: la sostenibilità è la chiave, ma la salute resta una priorità. La discussione attorno al microbioma e alla protezione della barriera cutanea sta crescendo, ma a differenza del cibo, nel beauty mancano i dettagli. Occorre dimostra come, pre e probiotici possono aumentare le difese naturali della pelle.

I consumatori sono stanchi della pseudo-scienza che li confonde su che cosa significa clean? La risposta dei brand dev’essere quella di sfatare i falsi miti, parlare chiaro e in modo del tutto trasparente, assicurandosi di poter sostenere qualsiasi claim di sostenibilità o sicurezza con estrema chiarezza.

Gli esempi di chi già si muove in questa direzione non mancano. L’inglese Beauty Kitchen è diventata la prima B Corp beauty nel Regno Unito. E successivamente, alla riconferma della certificazione, ha ottenuto il punteggio più alto di tutto il Regno Unito. Australians ha creato una gamma di prodotti bio che sono caratterizzati sa ingredienti sicuri per tutta la famiglia.

ALLA RICERCA DI UNA BELLEZZA ETICA E SCELTE D’ACQUISTO CONSAPEVOLI 

I consumatori si aspettano che la clean beauty vada oltre le sue origini, oltre il concetto di cosmetico sicuro e non tossico, per abbracciare una bellezza più consapevole. L’attenzione all’ambiente e ai temi sociali hanno un peso sempre più cruciale nelle decisioni d’acquisto dei consumatori”.

NATURALE E BIO? NON SEMPRE SONO ANCHE PIU’ SOSTENIBILI 

Le origini della clean beauty sono da ricercarsi negli ingredienti biologici. Per anni naturale e biologico sono stati considerati da brand ed esperti come la scelta più sicura, portando a metà degli anni 2000 al proliferare di marchi “paraben free”. Un processo che ha portato all’eliminazione di altri ingredienti, non sempre a ragione.

LA CROCIATA CONTRO I PARABENI

Nonostante influencer, brand e scienziati mettano in dubbio la necessità di rimuovere questi ingredienti, il pregiudizio sui parabeni è ancora molto forte e per gli ingredienti di sintesi la vita è davvero dura. Di contro, il mercato del naturale e del biologico è esploso. Nel 2020 il mercato dei cosmetici naturali in Europa si è attestato a 1,9 miliardi di euro, che dovrebbero salire a 2,9 miliardi entro il 2025. Ma con il fiorire del naturale, è cresciuta anche la consapevolezza dei consumatori che naturale e biologico non significano sempre più sostenibile. E gli ingredienti di sintesi e la scienza sono tornati alla ribalta. Un vantaggio competitivo che i brand devono saper sfruttare, come suggerisce WGSN.

I brand sulle confezioni dicano perché hanno scelto di utilizzare ingredienti di sintesi, perché sono più sicuri ma anche più rispettosi dell’ambiente. In un mondo post-pandemia, in cui i consumatori hanno visto con i loro occhi e vissuto sulla propria pelle gli effetti di un eccessivo consumismo, saranno disposti a mettere in discussione i claim sugli ingredienti non avvalorati da prove o risultati scientifici”.

Il CLEAN ALLA CONQUISTA DEL PERSONAL CARE

Quanto detto finora non vale solo per make-up e skincare, ma anche per altri ambiti. Le questioni che interessano il beauty infatti stanno influenzando i modelli di acquisto anche nel personal care, offrendo ai brand l’opportunità di rilanciare alcune categorie di prodotti come clean.

I parabeni sono ancora un tema dominante del beauty. Su Google, le ricerche inerenti “conservanti naturali per cosmetici” sono aumentate del 650% nel mondo e  quelle relative a “conservanti naturali per haircare” sono cresciute del 60% negli ultimi 12 mesi.

I consumatori fanno più ricerche su questo tema, così come sui solfati negli shampoo e alluminio nei deodoranti. Anche per questi prodotti sta crescendo l’interesse dei consumatori verso un acquisto “migliore e più responsabile”.

Cosa fare se i consumatori vogliono acquistare prodotti che durino nel tempo, ma sono riluttanti a verso i conservanti tradizionali (come si evince dall’alta percentuale di conversazioni sui social media)? È importante “spiegare quali conservanti si usano e quali sono sicuri, o virare verso soluzioni waterless che necessitano di pochi conservanti. Occorre mostrare che gli ingredienti impiegati sono di provenienza etica e sostenibile e mostrare i numerosi problemi legati all’uso di ingredienti come olio di palma, incenso, legno di sandalo, mica”.