Se all’inizio la sostenibilità era affare di pochi, una piccola nicchia nella quale si aggiravano solitari i pionieri di un nuovo modo di fare impresa, oggi non si parla d’altro: per un’azienda “essere sostenibile” rappresenta un asset imprescindibile attraverso il quale implementare la propria competitività sul mercato. Questo meccanismo ha portato negli ultimi anni a sviluppare anche in Italia il concetto di B-Company, dove B sta per Benefit.
Società che, oltre ad avere come fine ultimo il profitto, hanno alla base obiettivi di bene comune, sociali o ambientali. Per approfondire la conoscenza di queste nuove realtà il Polo della Cosmesi in collaborazione con Bureau Veritas Italia ha organizzato un incontro formativo che ha avuto come focus “Le società benefit e la creazione del valore condiviso” al quale hanno partecipato come relatori Claudia Straserra, chief reputation officer sustainability manager di Bureau Veritas Italia, e l’avvocato Arturo Leone, dello studio legale Bird&Bird.
LA NASCITA IN AMERICA
“I principi della Corporate Social Responsibility hanno rappresentato il primo strumento per riconoscere l’adozione di un comportamento socialmente responsabile – spiega l’avvocato Leone, facendo un excursus storico della nascita delle Società Benefit -. Tuttavia, raramente questi programmi hanno dato vita a iniziative integrate con la strategia aziendale restando lontane dalle sedi in cui vengono assunte le decisioni relative al business. Le necessità di una maggiore integrazione ha trovato una prima definizione nello Stato del Maryland, dove nel 2010 è stata introdotta una specifica disciplina per quelle società – definite Benefit Corporation – che accanto allo scopo di lucro perseguono la finalità di generare un impatto materiale e positivo sulla società e sull’ambiente e che indicano nello statuto lo specifico beneficio comune che intendono realizzare, vincolando gli amministratori ad orientare la gestione verso la realizzazione di tali ulteriori finalità”.
PROFITTO E BENE COMUNE, COME FARLI COESISTERE?
In Italia le Società Benefit sono state introdotte nel 2016 e da quel momento si è assistito gradualmente ad un aumento delle trasformazioni di realtà già esistenti e alla nascita di start up già con geni “benefit”. “La legge però non crea un nuovo tipo societario – precisa il legale -. Né le disposizioni relative alle Società Benefit rappresentano una deroga alle previsioni del codice civile o alle leggi speciali applicabili ai singoli modelli societari già esistenti nel nostro ordinamento, ma si aggiunge a esse, integrandole e introducendo alcuni obblighi e vincoli ulteriori”.
Ma che cos’è il doppio beneficio che devono raggiungere? “Si può parlare di società double purpose perché oltre allo scopo di dividere gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse”. Il beneficio comune va inteso sia come il perseguimento di uno o più effetti positivi oppure come il raggiungimento della riduzione degli effetti negativi sui vari soggetti esterni o interni alla società: persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali, enti e associazioni, gli stessi lavoratori, clienti fornitori, finanziatori, creditori, pubblica amministrazione e società civile.
VIETATO BARARE
Essere Benefit comporta degli obblighi: innanzitutto il duplice scopo va inserito nell’oggetto sociale. “Il mancato perseguimento in concreto delle finalità di beneficio comune dichiarate – spiega l’avvocato Leone – comporta l’applicazione da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato delle disposizioni in materia di pubblicità ingannevole e quelle del codice del consumo in tema di pratiche commerciali scorrette. La legge impone alla Società Benefit di individuare uno o più soggetti responsabili a cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle finalità di beneficio comune. Inoltre la governance ha l’obbligo di una rendicontazione annuale dell’attività della società che contempli anche la valutazione dell’impatto del duplice scopo. In particolare, va inserita una valutazione dell’impatto sociale generato attraverso l’uso di standard esterni di valutazione che rispondano a precisi requisiti e che abbiano per oggetto le specifiche aree di valutazione indicate dalla stessa legge”.
I BENEFIT CHE GENERANO BENEFIT
Essere Società Benefit dà la possibilità di ottenere dei vantaggi fiscali. “Per incentivare la realizzazione di tale sistema, prevede un contributo di imposta nella misura del 50% per decurtare i costi di costituzione e trasformazione in Società Benefit sostenuti– conclude il legale – Inoltre è stata apportata una modifica del Codice degli appalti, riconoscendo una premialità nei bandi pubblici di gara alle Società Benefit e in generale alle società che pur non essendo Benefit si attengono a criteri relativi alla valutazione di impatto”.