Quella dell’agro-cosmesi è una sfida, ambiziosa e allo stesso tempo fattibile: utilizzare i sottoprodotti della filiera agro-alimentare per ottenere composti bioattivi, enzimi e sostanze attive interessanti per l’industria del benessere, contribuendo al cambio di paradigma verso un’economia circolare.
Il tutto viene riassunto nel termine upcycling: il processo attraverso il quale il materiale di “scarto” trova nuovo utilizzo, creando valore aggiunto alla sostanza a fronte di un basso consumo di energia. Il risultato è una materia di grande valore ambientale e qualitativo, dunque più pulito e di pregio.
L’ agro-cosmesi
Di qui il proliferare di diversi progetti di agro-cosmesi che hanno l’obiettivo comune di destinare i residui agroalimentari alla ricerca e allo sviluppo di fitocomplessi innovativi, estraendoli e mantenendo l’attività biologica dei principi attivi attraverso un sistema veloce che riduce al minimo l’utilizzo di sostanze artificiali che potrebbero compromettere la salute umana.
Una tendenza che sta trovando ampio spazio nel mercato green e che da un lato fornisce un valido aiuto per snellire il carico di rifiuti e, dall’altro, consente di sfruttare ogni potenzialità presente all’interno dei cibi.
L’elenco delle sostanze ricavabili dai sottoprodotti del settore agro-alimentare e che potrebbero trovare nuova vita è lungo: polifenoli, tannini, flavonoidi, flavanoli, vitamine (A ed E), minerali essenziali, acidi grassi, antociani, enzimi, fitonutrienti, prebiotici e pigmenti, isolati e ottenuti da scarti o sottoprodotti dei processi di spremitura o produzione di beni nutrizionali.
Bucce, semi e polpa della frutta
Le parti non commestibili di frutti, come bucce o porzioni di buccia e ramoscelli, spesso contengono quantità maggiori di composti bioattivi rispetto alle altre porzioni del frutto. Ad esempio, bucce di mela, uva, agrumi e semi di avocado e mango hanno un contenuto polifenolico superiore del 15% rispetto ai composti della polpa.
La frutta, a seguito del processo di produzione di bevande, genera un volume enorme di rifiuti, che sono sotto forma di una miscela di polpa, buccia, semi e gambo. Nella maggior parte dei casi, questo scarto contiene quantità molto più elevate di preziosi composti bioattivi rispetto al succo di frutta stesso. I residui di lavorazione della frutta rappresentano una interessante bio-risorsa naturale, dovuta alla loro ricchezza chimica ed eterogeneità.
Dagli scarti degli agrumi, in particolare dalla scorza del limone, è possibile ottenere notevoli quantità di pectina, un polisaccaride naturale che l’industria cosmetica utilizza come texturizzante e stabilizzante nelle formulazioni.
Frutta secca e verdura
L’industria della frutta secca, un’altra fonte preziosa per l’agro-cosmesi, crea altri scarti di potenziale interesse cosmetico. Dai processi di frantumazione e spremitura di nocciole, noci, mandorle e pistacchi si generano oli naturali dall’elevato contenuto in acidi grassi utilizzati come agenti emollienti e lipidizzanti e ancora residui secchi come farine. Sottoprodotti e rifiuti generati principalmente dalle parti non commestibili delle verdure costituiscono una preziosa fonte di fitonutrienti. I rifiuti sono generalmente generati nelle fasi di raccolta o post-raccolta ed includono raccolto avanzato, parti non commestibili come foglie, ramoscelli o steli.
Su questa scia, sono stati lanciati svariati nuovi ingredienti attivi e funzionali derivati dai processi di upcycling. Si parla di oli vergini di alta qualità dai semi della zucca, da semi e polpe dell’industria dei semilavorati vegetali, licopene come potente antiossidante derivante dalla lavorazione del pomodoro, oleuropeina, il polifenolo dalle acque reflue di vegetazione dell’industria olearia.
Il settore lattiero-caseario e del pesce
Questi sono solo alcuni degli esempi, senza dimenticare i peptidi bioattivi e i derivati dal siero del latte e del colostro di origine animale e relativi al settore lattiero-caseario, ed ancora tutti i prodotti bioattivi derivanti dall’industria di trasformazione del pesce e dei molluschi nonché quelli delle alghe.