skincare
Quali saranno i trend che domineranno il mercato skincare in termini di formulazione, ma anche di ingredienti e packaging?

La risposta, o meglio le risposte, sono arrivate durante l’interessante webinar dal titolo “Formulazione skincare: trends e tips” promosso dal Polo della Cosmesi e tenuto dalla Prof.ssa Paola Perugini e dalla Dott.ssa Camilla Grignani. Due ore filate dedicate al mondo skincare che hanno offerto tantissimi spunti di riflessione agli operatori del settore.

INGREDIENTI

L’analisi del now & next in ambito skincare è partita dagli ingredienti e dal tema della sostenibilità che interessa il processo di design e sviluppo del cosmetico nella sua interezza. Premesso che la sostenibilità dev’essere considerata nella sua complessità, e cioè tenendo conto dell’aspetto ambientale, sociale ed economico, nonché della qualità e della performance finale del prodotto, particolare attenzione va dedicata alle materie prime sulle quali però, spesso, si hanno informazioni carenti e poco tracciabili.

Dott.ssa Camilla Grignani, Responsabile Area Testing Etichub

Tra le nuove frontiere dello sviluppo cosmetico, che rientra nel grande filone della sostenibilità, figura l’upcycling: un processo virtuoso che valorizza scarti e sottoprodotti  e che, a differenza del recycling, è poco dispendioso dal punto di vista energetico. Perfetta incarnazione dei  principi dell’economia circolare – Riciclare, Ridurre, Riusare – l’upcycling regala una second life e un valore aggiunto, più alto di quello originale, a materiali che altrimenti andrebbero buttati via – spiega Camilla Grignani, Responsabile Area Testing di Etichub, spin off dell’Università di Pavia – . Sarà questa la nuova frontiera di sviluppo in ambito cosmetico: utilizzare materie prime di altre filiere ed elevarle ulteriormente, grazie anche a nuove tecnologie”.

skincare
Tra gli insospettabili “scrigni” di bellezza ci sono le scorze degli agrumi, da cui si ricava la pectina impiegata nell’industria cosmetica come texturizzante e stabilizzante; o le vinacce, scarti della lavorazione dell’uva ricchissime di resveratrolo, un potente antiossidante naturale.
L’ ALIMENTARE, UNA RISERVA DI SOSTANZE PREZIOSE

Uno dei settori più interessanti da cui attingere scarti utili è l’alimentareprosegue la Grignani-, che produce una moltitudine di residui di lavorazione che rappresentano delle interessanti bio-risorse naturali. Bucce, semi, gambi, polpa di frutta e verdura sono vere e proprie miniere di antiossidanti naturali e di sostanze benefiche come tannini, polifenoli, flavonoidi, minerali, acidi grassi, antociani, enzimi, fitonutrienti e prebiotici. Tra gli insospettabili “scrigni” di bellezza ci sono le scorze degli agrumi, da cui si ricava la pectina impiegata nell’industria cosmetica come texturizzante e stabilizzante; o le vinacce, scarti della lavorazione dell’uva ricchissime di resveratrolo, un potente antiossidante naturale. E che dire del licopene contenuto nel pomodoro o dei peptidi bioattivi e derivati che si ottengono dal siero di latte o dai molluschi?! Sostanze utilissime, che il settore cosmetico può impiegare come attivi nei propri prodotti ottimizzando il processo e sfruttando la filiera corta”.

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Uno dei settori più interessanti da cui attingere scarti utili è l’alimentare: produce moltissimi residui di lavorazione che rappresentano delle interessanti bio-risorse naturali
LE SFIDE FORMULATIVE 
PROF.SSA PAOLA PERUGINI, UNIVERSITA’ DI PAVIA

Ma l’impiego di scarti, e più in generale delle materie prime vegetali, non è una questione da prendere alla leggera, perché: “Formulare con ingredienti alternativi, magari derivanti dal waste, può essere impegnativo per una questione di identità, qualità, ottenimento, riproducibilità e purezza delle materie prime stesse che possono essere soggette a carenze prestazionali, instabilità o limitazioni estetiche – commenta la Prof.ssa Paola Perugini, Direttore scientifico di Etichub srl e Coordinatore master II livello in Scienze Cosmetologiche Università di Pavia -. Per questo motivo, prima di impiegare lo scarto, occorre sempre fare uno studio delle proprietà, del mercato, della fattibilità del processo industriale (non dimentichiamoci, infatti, che la ricerca ha senso solo se può essere applicata) e una valutazione attenta della sicurezza sia in fase iniziale sia nel post-marketing. Solo allora si potrà considerare quel materiale “grezzo” come ingrediente da utilizzare nelle formulazioni cosmetiche”.

I benefici, però, superano di gran lunga i limiti e le difficoltà oggettive e andare oltre la mentalità usa e getta, lavorare affinché nulla vada perduto, tutelare l’ambiente e avere maggiore attenzione verso le risorse (che non sono infinite!) è il solo modo per assicurare un futuro al nostro Pianeta e alle prossime generazioni.

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Tra i nuovi trend nello skincare compare la clean beauty, integrazione della tendenza alla naturalità con concetti come salute, benessere, responsabilità sociale, etica e ambientale
TREND SKINCARE
Al mondo cosmetico oggi viene chiesto qualcosa in più della semplice soddisfazione di un bisogno specifico: al prodotto si legano sempre di più temi di valenza etica e sociale.

E sullo sfondo si fa strada un trend, protagonista di una pluralità di interpretazioni e di declinazioni diverse: la clean beauty.  “La clean beauty – racconta Camilla Grignaniè l’integrazione della tendenza alla naturalità con concetti come salute, benessere, responsabilità sociale, etica e ambientale. Strettamente legato al clean, in termini di essenzialità e purezza, è lo skinimalism. Nello skincare il nuovo diktat è: less is more. Mentre si dice addio alla routine multi-step coreana, si riscopre una beauty routine più snella, fatta di prodotti all-in-one e di claim semplici e immediati che puntano su una pelle pulita, sana, luminosa, glow. Le nuove parole d’ordine sono: fluidità, trasparenza, inclusività. Si abbattono le distinzioni canoniche, da quella tra prodotti  “per Lei” e “per Lui” a quella tra cosmesi decorativa e skincare funzionale, in una continua cross-contaminazione tra generi e categorie. In questo processo trovano spazio anche interessanti contaminazioni con il food che seguono due strade: l’impiego di ingredienti del mondo alimentare nei prodotti cosmetici e un approccio più olistico alla bellezza che combina prodotti topici ed edibili- la strategia Insideout ”.

Quando si parla di trend un discorso a parte meritano le bar, evoluzione dei saponi solidi. Se la sostenibilità è garantita, il vero neo è rappresentato dalla sicurezza
I PRODOTTI SOLIDI

Quando si parla di trend un discorso a parte meritano le bar, evoluzione delle care vecchie saponette. Se la sostenibilità è garantita, il vero neo è rappresentato dalla sicurezza. “Le formule solide, molto in voga in questo momento, rappresentano una soluzione ottimale dal punto di vista della sostenibilità perché richiedono meno packaging, sono formule water-saving, multi-funzionali (vengono utilizzate  come shampoo, condizionanti, prodotti corpo…) e pratiche (nonché più economiche) da trasportare, ma chiaramente aprono dei dubbi sul possibile inquinamento microbiologico e sulla loro stabilità– spiega la Prof.ssa Perugini – . Le formule solide, in ogni caso, rappresentano una valida soluzione per limitare la produzione di imballi, primari e secondari, un tema quanto mai di attualità quando si parla di cosmetica”. Perché di rifiuti l’industria cosmetica ne produce miliardi. Secondo Unilever, l’industria della bellezza produce ogni anno 151 miliardi di confezioni e circa il 70% dei rifiuti proviene dal packaging.

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Nel packaging, elemento chiave per la percezione del brand e dei suoi valori, l’innovazione ruota attorno a sostenibilità e trasparenza.
PACKAGING: LE SFIDE GREEN

Se si parla di trend, di innovazione, di sostenibilità non si può non parlare anche di packaging: elemento chiave per la percezione del brand e dei suoi valori e strettamente legato al prodotto, come due facce della stessa medaglia. L’innovazione ruota attorno a due concetti: sostenibilità e responsabilità.

La sostenibilità si esplica attraverso l’impiego di materiali a basso impatto ambientale, riciclati o riciclabili, nella riduzione degli sprechi e di materiale non necessario; mentre la responsabilità, che fa leva su una sfera più intima ed emotiva, chiama in causa temi come trasparenza, etica, qualità e il localismo (filiera corta o a Km0). La forza del tema della sostenibilità si evidenzia sia da parte dei consumatori, che considerano il packaging il primo elemento a cui prestare attenzione per valutare la sostenibilità del prodotto, sia da parte dei brand che sfruttano la sostenibilità del pack nei loro claim. La conferma arriva dai dati: analizzando i nuovi lanci tra il 2015 e il 2020, tra i claim più usati al 5° posto figuravano quelli legati alla sostenibilità dell’imballaggio.

Il tema della responsabilità chiama in causa anche la trasparenza.

La richiesta che arriva alle aziende dal mondo consumer è infatti quella di avere maggiori informazioni – fare, cioè, maggiore chiarezza – sui materiali impiegati, sull’approvvigionamento, ma anche avere una rendicontazione energetica e ambientale del processo produttivo: qual è il carbon footprint? Quanta energia e quanta acqua sono state impiegate e/o risparmiate nel processo produttivo? E sulla questione della trasparenza, c’è un dato che deve far riflettere: le dichiarazioni di emissioni zero sugli imballaggi sono cresciute del +120% . “La responsabilità passa attraverso una comunicazione seria e supportata dai dati – sottolinea Camilla Grignani– , indispensabile per non incorrere nel greenwashing: cioè nello sfruttamento dei claim di sostenibilità per indurre all’acquisto il consumatore senza che questo presupponga azione reali e concrete”.

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La sostenibilità nel packaging si esplica attraverso l’impiego di materiali a basso impatto ambientale, riciclati o riciclabili, nella riduzione degli sprechi e di materiale non necessario
BIOPLASTICHE: COSA SCEGLIERE?

In tema di sostenibilità del packaging entrano in gioco molte variabili: l’essenzialità finalizzata a ridurre gli sprechi (meno materiale= meno rifiuti da smaltire), l’assenza di propellenti spray, l’educazione sul post-utilizzo e sul fine vita e, soprattutto, la scelta del materiale.

A questo proposito si parla sempre più spesso di materiali compostabili, biodegradabili e di bioplastiche confondendo talvolta gli uni con le altre. Le differenze, però, sono sostanziali – spiega la Prof.ssa Perugini– . I materiali compostabili impiegano meno di 3 mesi per ritornare nel ciclo naturale degli elementi, mentre i materiali biodegradabili si degradano al 90% in circa 6 mesi. Discorso a parte meritano le bio-plastiche dove, più correttamente, bisognerebbe distinguere tra plastica biodegradabile e plastica bio-based: un materiale, quest’ultimo, derivato sì da piante – e in un certo modo “green”- ma non necessariamente biodegradabile. Nella scelta del materiale per l’imballaggio occorre, dunque, una disamina più ampia che consideri le possibilità di riutilizzo, il riciclo e la biodegradazione”.

CLAIM  D’EFFICACIA

Il covid19 ha mutato molti aspetti della routine e delle abitudini del consumatore e anche il suo approccio al consumo e ai prodotti. Il consumatore oggi cerca valori, ma anche benefit tangibili come qualità, convenienza, funzionalità. Di fronte alla nuove priorità del consumatore, deve cambiare anche l’approccio dei brand alla comunicazione, che dovrà far leva su asset tangibili e che dovrà essere basata su messaggi chiari e incisivi.

La trasparenza, d’altronde, è una questione su cui si dibatte a lungo e l’entrata in vigore nel luglio del 2019 del Technical Documents on Cosmetics Claims ha rappresentato un importante passo in avanti importante verso una maggiore trasparenza e tutela del consumatore. Secondo il Ministero della Salute il documento, che sancisce 6 criteri comuni per i claim cosmetici, ha come obiettivo quello di: “Garantire un elevato livello di tutela dei consumatori finali, in particolare dalle dichiarazioni ingannevoli sui prodotti cosmetici. Dato che questi prodotti hanno un ruolo rilevante nella vita degli utilizzatori finali, è importante che le dichiarazioni (claim) siano utili, comprensibili, affidabili e consentano loro di prendere decisioni informate e di scegliere i prodotti più adatti alle proprie esigenze e aspettative”.

Una delle questioni più controverse è rappresentata dall’efficacia.

Valutare l’efficacia di un prodotto significa avere dei dati scientifici, che si ricavano tipicamente da analisi strumentali, analisi sensoriali e studi sotto controllo clinico; dati che devono essere tradotti in un linguaggio commerciale per realizzare la migliore comunicazione – spiega Camilla Grignani -. La base di partenza, però, sono sempre risultati ottenuti con metodologie valide, affidabili, riproducibili, nel pieno rispetto dell’etica. Le dichiarazioni apposte sui prodotti, siano esse esplicite o meno, devono essere avvalorate da prove adeguate (supporto probatorio) e i messaggi commerciali devono essere chiari, precisi e pertinenti, comprensibili al pubblico a cui si rivolgono (consentire decisioni informate). C’è di più. Per una valutazione di efficacia ottimale, è necessario ponderare la scelta del claim e individuare i test più idonei per garantire conformità alle norme e veicolare un messaggio chiaro e incisivo”. Ancora una volta il richiamo è alla trasparenza.