Un recente convegno promosso da Altis Università Cattolica, in collaborazione con Ferdistribuzione e Pro Food, ha fatto il punto sulla sostenibilità, sull’uso della plastica e sull’economia circolare.
Se è vero che gli italiani sono sempre più sensibili sui temi legati all’ambiente – nel 2012 coloro che consideravano la sostenibilità uno dei criteri di valutazione dell’operato di un’azienda erano solo il 12% della popolazione, mentre oggi sono oltre il 36% – è altrettanto vero che c’è ancora poca chiarezza. Lo dimostra la demonizzazione della plastica a cui stiamo assistendo in questi anni e la corsa al Plastic Free: in molti casi uno slogan strumentale, piuttosto che una strada realmente percorribile.
Che cosa rappresenta la plastica nell’economia mondiale? Un comparto di primaria importanza nel mondo e in Italia. La plastica ha portato il nostro Paese ai vertici dell’innovazione tecnologica e la sua introduzione ha migliorato sensibilmente la qualità della nostra vita. Pensiamo, ad esempio, al settore alimentare e al ruolo svolto dalla plastica nel trasporto e nella conservazione degli alimenti da alterazioni. Non solo. Il settore riveste un ruolo cruciale nel nostro Paese: nel comparto operano 3.000 imprese, oltre 50.000 addetti, per un fatturato di 12 miliardi.
PLASTICA SOTTO ACCUSA
Nonostante il ruolo di primo piano, da tempo il settore è oggetto di “greenwashing” e di numerose fake news. Viene spontaneo chiedersi se davvero, eliminando la plastica, potremmo risolvere l’inquinamento dei mari e ridurre le emissioni di CO2 nell’ambiente. La risposta non è quella che potremmo aspettarci. La questione, infatti, è molto più complessa di quanto potrebbe sembrare.
“plastic free? non sempre è una strada realmente percorribile”
INQUINAMENTO MARINO
I nodi nevralgici, nel caso del marine litter, sono almeno due: primo, ad inquinare è l’uomo con il suo comportamento scorretto e non la plastica in sé; secondo, la plastica è solo il più visibile delle sostanze inquinanti delle nostre acque. Troppo spesso, infatti, ci si dimentica di tutto ciò che si disperde nell’ambiente sciogliendosi o affondando. Inquinanti invisibili, ma potenti.
SURRISCALDAMENTO GLOBALE
Seconda questione che spesso viene portata all’attenzione globale è il GWP, Global Warming Process. Anche qui il vero responsabile del surriscaldamento globale è il processo di trasporto, riscaldamento e raffreddamento, che impiega grandi quantità di energia derivante soprattutto da combustibili fossili (carbone, petrolio…). Secondo lo Studio Denkstatt, le emissioni di CO2 derivanti dalla produzione della plastica (36.6 mln tonn. vs 92.2 mln) sarebbero addirittura inferiori a quelle di altri materiali (acciaio, vetro, ceramica, cartoncino) con funzioni simili. Questo perché la plastica di oggi è realizzata con materiali polimerici che garantiscono ottime performance con una massa totale molto contenuta.
Tra i maggiori responsabili del GWP ci sarebbe, invece, il Food Waste (al 3° posto dopo USA e Cina nella produzione di gas serra). E, diversamente da quanto si pensi, il packaging in plastica potrebbe rappresentare una valida soluzione contro il foodwaste: se usato correttamente, proteggendo e conservando gli alimenti, prolunga la shelf-life del prodotto e contribuirebbe a ridurre gli sprechi.
Bruno Munari, uno dei maggiori designer del XX sec., ha detto: “Un buon imballaggio non ha mai trasformato un cattivo prodotto in uno buono, ma un cattivo imballaggio può trasformare un buon prodotto in uno cattivo”. I benefici della plastica sono tangibili; è un materiale non sostituibile in molti settori, se non parzialmente e con esiti ancora da quantificare, eppure da tempo è sotto accusa.
“il problema di fondo è il comportamento sconsiderato dell’uomo ”
LA CULTURA DELLE 3R: RICICLO, RIUSO, RECUPERO
Il problema, in realtà, ha radici più profonde e la soluzione verso la sostenibilità è da ricercarsi nella formazione, nello sviluppo di infrastrutture e di una cultura del riciclo, riuso e recupero (3R). Oggi, infatti, la situazione a cui assistiamo è drammatica: non ci sono sufficienti infrastrutture per la selezione e il riciclo, né un numero adeguato di termovalorizzatori. Il risultato sono rifiuti abbandonati e città allo sbando.
Il progetto green, a cui sta lavorando anche PRO FOOD in maniera attiva, va ad agire in questa direzione e prevede di:
1) misurare l’impatto ambientale degli imballaggi attraverso l’LCA (Life Cycle Assestment) e comunicarlo attraverso gli EPD (Environmental Product Declaration). In questo modo, si ottiene un quadro più completo del reale impatto sull’ambiente del prodotto/servizio/materiale lungo l’intero ciclo di vita.
2) mettere l’Ecodesign al centro della propria attività di R&D.
3) puntare ai target dell’European Plastic Strategy in termini di riciclo e di riduzione dell’uso di materia prima in un’ottica di economia circolare, un’economia in cui i rifiuti e gli scarti generano nuovo valore.
Molto interessante è anche la visione del gruppo ILPA delle 3R: R come riduzione degli imballaggi, R come riciclo ambientalmente ed economicamente sostenibile ed R come risorse rinnovabili, ovvero impiego di plastiche ricavate da fonti rinnovabili e compostabili.
DALL’ECONOMIA LINEARE ALL’ECONOMIA CIRCOLARE
Quelli delineati sono gli step fondamentali per attuare il passaggio da un modello di economia lineare ad uno circolare. L’economia lineare prevede il concetto di take-make-dispose. Il ciclo di vita dei prodotti inizia con l’estrazione delle materie prime, prosegue con la produzione di semilavorati e di prodotti finiti e si conclude, infine, con lo scarto e lo smaltimento.
Un paradigma ad oggi non più sostenibile dal parte del sistema economico, che sta migrando verso un approccio più attento agli scarti, allo smaltimento dei rifiuti e al riutilizzo degli stessi nei processi produttivi. Sono le basi dell’economia circolare che, secondo Bureau Veritas, poggia su 4 assiomi:
– Progettare senza rifiuti (design-out waste): i componenti biologici e tecnologici di un prodotto sono progettati per lo smontaggio e la rigenerazione
– Costruire la resilienza attraverso la biodiversità
– Scegliere di utilizzare energia da fonti rinnovabili
– Pensare sistematicamente: gli elementi sono considerati in relazione alle infrastrutture, all’ambiente e al contesto sociale in cui sono inseriti.
– Nuova composizione dei materiali di consumo