M&A
 

Anche se le trattative continuano ad essere vivaci, nel breve termine il settore della bellezza potrebbe non fornire così tanti ‘mega deal’ come accaduto nel recente passato. Secondo McKinsey, i vantaggi potenziali per acquirenti e venditori sono ancora molto forti e questo genere di operazioni giocano un ruolo chiave quando si parla di crescita internazionale, innovazione e competitività su larga scala. Escludendo quindi un tracollo del mercato finanziario, M&A nel settore continueranno ad esercitare il loro ‘fascino’.

Gli investitori aziendali e finanziari hanno buone ragioni per focalizzare l’attenzione verso la bellezza, una categoria di consumo che continua a dimostrare la sua attrattiva grazie alla sua resilienza e a forti margini. Sembra però che si dovranno ricalibrare le aspettative. Un processo che per molti aspetti è iniziato già nel 2022. La volatilità economica e l’incertezza legata all’annus horribilis 2021 hanno avuto un impatto sull’M&A: nel 2022 le operazioni di M&A nel settore beauty sono state tante quanto quelle del 2019, ma per valore più basso di oltre il 50%. Ad esempio, Shiseido ha acquistato il marchio di prodotti per la cura della pelle Drunk Elephant nel 2019 per 845 milioni di dollari, almeno otto volte il suo fatturato annuo di poco superiore a 100 Mio di dollari. Lo stesso anno, Coty pagò 600 milioni di dollari una partecipazione del 51% in Kylie Cosmetics, il cui fatturato netto annuo era di 177 milioni di dollari.

Anche se le incertezze del mercato sono continuate anche nei primi mesi del 2023, l’attrattività di questo settore è ancora molto alta grazie ai margini EBITDA tra il 15% e il 25% e al tasso di crescita stimato del 6% fino al 2027 (ved. art del 6 settembre). A fare da motore a queste operazioni anche i fondi di private equity e altri investitori finanziari, mossi dalla volontà di aggiungere beauty brand al loro portfolio o di ‘scambiare’ quelli in pancia con altri nomi altisonanti.

Ma è tra i grandi gruppi che le M&A continueranno a svolgere un ruolo particolarmente importante. Le acquisizioni sono una parte necessaria della loro strategia di crescita e per mantenere la competitività: di 139 deal chiusi nel 2022 per acquisire partecipazioni pari o superiori al 30%, 9 su 10 erano condotti da conglomerati. Molti di questi grandi gruppi hanno persino creato anche degli incubatori destinati a questo tipo di investimenti, come Estée Lauder Companies New Incubation Ventures o il Fondo per l’innovazione circolare di L’Oréal.

Puig, proprietario di Paco Rabanne e Jean Paul Gaultier, nel maggio 2022 aveva annunciato di voler acquistare una quota di maggioranza in Byredo, il marchio di profumi di lusso fondato a Stoccolma nel 2006. Sebbene Puig non avesse rivelato il prezzo concordato, si è rincorsa la voce di un’operazione da 1 miliardo di dollari. Pochi mesi dopo, Estée Lauder annunciava l’acquisizione di Tom Ford per 2,8 miliardi di dollari

M&A: TANTE RAGIONI, UN SOLO OBIETTIVO: CRESCERE

Acquisire può essere utile per ‘far quadrare i conti’ e compensare le perdite di uno o più marchi. E’ il caso del Gruppo Estée Lauder: McKinsey, in un recente report, racconta che nella seconda metà del 2022 le vendite del Gruppo erano diminuite del 20%, ma a compensare sono state le buone performance di The Ordinary, marchio che il colosso statunitense ha acquisito nel 2021. 

Acquisire o unirsi ad altri grandi gruppi è utile per avere un peso rilevante sul mercato che oggi richiede continui investimenti in innovazione e nuovi prodotti per conquistare consumatori sempre più esigenti.

Queste operazioni di aggregazione, inoltre, possono agevolare la globalizzazione e l’espansione internazionale, fornendo alle aziende accesso alla rete di distribuzione estera e sfruttando le relazioni costruite già da decenni con i partner. Questi investitori in genere hanno già – o possiedono l’esperienza per costruire – infrastrutture e sistemi in grado di ridurre i costi, semplificare i processi e garantire economie di scala quando, ad esempio, si tratta di negoziare con i fornitori o con i proprietari. Un altro aspetto da considerare sono i piani post-fusione, necessari ad affrontare e mitigare i rischi comuni in tali accordi e indispensabili a garantire la fedeltà dei consumatori alla marca. Gli acquirenti devono anche incentivare il management a rimanere impegnate e a garantire la continuità del marchio man mano che si espande.

Nel 2021, Shiseido ha venduto Laura Mercier, Bare Minerals e Buxom alla Advent International come parte di una strategia globale ripensata per riallineare il proprio focus sulla cura della pelle, nonostante avesse acquisito i marchi solo un decennio prima. Nello stesso anno per ragioni analoghe, Estée Lauder chiudeva Becca Cosmetics, acquisito meno di 5 anni prima per una cifra dichiarata di 200 milioni di dollari. Nonostante Becca fosse un marchio affermato, dopo l’acquisizione ha avuto difficoltà a coltivare la sua fan base di consumatori e la crisi dei color cosmetics durante la pandemia ha fatto il resto. E come spesso accade il tempismo è fondamentale. L’Oréal lo scorso aprile ha annunciato l’acquisizione di Aesop per 2,5 miliardi di dollari: dopo l’annuncio, gli analisti hanno osservato come il deal aveva portato al colosso beauty ‘appeal’ sia nel segmento luxury che in quello mass e che, prima di Aesop, si era già aggiudicato Youth The People nel 2021 e Skin Better Science nel 2022. 

Per il futuro gli analisti si aspettano meno accordi e di qualità superiore. “Non credo che torneremo ai volumi del 2021, ma cdiversi nuovi marchi sono pronti ad affacciarsi sul mercato”, ha affermato Cosmo Roe, partner di Goldman Sachs. “Nel breve termine, non vedo sostanziali cambiamenti nelle valutazioni. Anche se il costo del capitale è in aumento, la verità è che queste categorie sono super competitive e ci sono molti acquirenti ben capitalizzati”. 

“La maggior parte delle imprese che vengono vendute si collocano fra i 75 e i 200 milioni di dollari” aggiunge Jelena Djuric di Goldman Sachs.